martedì 21 gennaio 2014
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Matteo si giochi pure la sua partita sulle riforme, io non ci metto bocca, la mia partita è sul lavoro e sulla crescita, sul rilancio del Paese. Il nuovo governo avrà la stessa discontinuità e la stessa forza del nuovo corso Pd». Enrico Letta è pensieroso e, in questi giorni, anche molto taciturno. L’accordo sulle nuove regole del voto è un’operazione ardita al momento «riuscita a metà», e le prossime ore saranno decisive per capire se la minoranza interna del Pd e Alfano avranno voglia di sfidare Renzi in Aula. A dirla tutta, le preoccupazioni di Cuperlo sulla costituzionalità dell’Italicum le avverte anche il premier. Ma sul tema meglio tacere, e limitarsi ad esprimere apprezzamento per il fatto che il segretario Pd non abbia trascinato la maggioranza nel caos.Il silenzio di Letta è «ostinato e ostentato», dicono i suoi. Si vuol dare l’impressione che il premier pensi solo alla ricetta economica che dovrà confluire in Impegno 2014, il Patto che dovrebbe essere sottoscritto dai leader della maggioranza. E al rimpasto, o meglio «refreshment», della squadra di governo. Il piano di Letta è chiudere su entrambe le cose tra il fine settimana e lunedì-martedì prossimo, prima della partenza per Bruxelles (il 29 gennaio il premier incontrerà la Commissione Ue per un confronto a tutto campo sull’Italia).Ma riuscirà il premier a rispettare la tabella di marcia? È una corsa contro il tempo. Perché ci riesca, all’inizio della prossima settimana Letta dovrebbe, nel giro di 48 ore, presentare le dimissioni al Colle, ottenere il reincarico e presentarsi alle Aule per la fiducia. Un vero e proprio Letta-bis non può nascere al di fuori di questi passaggi, a meno che il "refreshment" non si riduca a un paio di caselle di minor peso. Ma il premier vuole «discontinuità» a tutti i costi, non semplici aggiustamenti, anche se qualche grillo parlante lo avvisa: «Enrico, è proprio necessario presentarsi alle Aule? In Senato bastano pochi franchi tiratori...».In ogni caso, i tempi del piano-Letta dipendono da quando si consumeranno le trattative sulla legge elettorale. Fino a quando tutti gli attori non si sentiranno in una botte di ferro, il sospirato Patto di governo sotto non avrà alcuna firma. Se le cose andassero per le lunghe la stipula di Impegno 2014, premessa del Letta-bis, potrebbe dunque slittare.Il dramma di questi giorni è che Letta è rimasto da solo ad elaborare le proposte economiche per il 2014. Lavora prevalentemente con Saccomanni e Giovannini, due ministri da tempo nel mirino di Renzi. Gli altri sono affaccendati in altro, il segretario Pd in primis. La priorità del premier, nei prossimi giorni, è riportare l’attenzione di tutti sul programma di governo. E strappare al leader democrat un impegno diretto nel nuovo esecutivo. Da Palazzo Chigi è arrivata a Largo del Nazareno una richiesta diretta, esplicita, di indicare nomi. Renzi per il momento nicchia, e la lista che ha già compilato se la tiene in tasca. Una delle poche certezze è che il "suo" ministro, Graziano Delrio, salirà di grado e andrà ad occupare un dicastero più pesante rispetto agli Affari regionali. E che al Tesoro vuole un viceministro di sua totale fiducia.Ma la partita è appena iniziata. Il precedente che si cita è quello dell’Andreotti V del 20 marzo ’79, la "notte dei cinque ministri". Ma quali sono le 4-5 caselle in bilico? De Girolamo rischia, è un fatto. E anche Zanonato (dicastero ambito dai montiani). Non Kyenge né il titolare dell’Economia Saccomanni. E nemmeno Quagliariello, che il Colle reputa necessario per coordinare le riforme istituzionali. È nota poi la passione di Renzi per Cultura e Istruzione. Ma il quarto nome potrebbe essere quello di Alfano: il segretario Ncd resterebbe vicepremier ma lascerebbe il Viminale. L’ex delfino del Cav è dubbioso: è agli Interni che, di fatto, si riscrive la legge elettorale.
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