giovedì 17 gennaio 2013
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«Bisogna evitare in tutti i modi di dare l'impressione che una persona che opera in un movimento, in una realtà ecclesiale, se la porti dietro entrando in politica». Lo afferma ai microfoni della Radio Vaticana il politologo cattolico Antonio Baggio, docente di Filosofia politica all'Università Sophia di Loppiano, fondata dal Movimento dei Focolari. «C'è stata in queste settimane la formazione delle liste e molti sono stati contattati dai partiti, perchè volevano a tutti i costi che dentro la loro lista ci fosse, ad esempio, il rappresentante del Movimento dei Focolari o dell'Azione Cattolica o degli Scout», sottolinea il politologo osservando che «questo è un modo perverso di ragionare, perchè nessuno dei cattolici può entrare in politica pensando di rappresentare una realtà ecclesiale».«L'idea di base - spiega Baggio - è che il cristiano porta in politica la sua capacità di amare. Tutto ciò che egli fa, quindi, deve essere amore, come viene chiamato da molti "amore sociale"». E, conclude il professor Baggio, «Benedetto XVI ha sottolineato tante volte questa scelta importante che il cristianesimo ha fatto nella storia» tutelando la libertà del cristiano, «che porta in politica la sua capacità di amare, che si costruisce anche nella famiglia, nella Chiesa, e la porta in società», con «un linguaggio che non è più un linguaggio ecclesiale o un linguaggio confessionale, ma è il linguaggio della ragione universale»«Non è così - assicura Baggio alla Radio Vaticana - perchè non è la Chiesa che entra in politica, sono le persone che riportano quello che loro hanno e sono. Quindi, bisogna guardarsi bene dall'entrare in politica, dando questa falsa impressione, che ci sia una "ecclesialità" che entra in politica. Non è così. Si entri pure in politica, allora, però avendo cura di non farsi strumentalizzare».«Noi continuiamo sempre a ripetere, perchè è vero storicamente, che dalla Chiesa - scandisce il politologodell'emittente della Santa Sede - viene un nutrimento per la società sia come idee, che come testimonianze e come persone preparate. Quindi, il passaggio da un impegno sociale, dove le persone maturano, ad un impegno politico nelle istituzioni, è naturale. Bisogna naturalmente presidiare ambedue gli spazi. Questi passaggi dal sociale al politico, che sono logici e naturali, e sono la salute stessa della dimensione politica, delle istituzioni, quindi vanno fatti, vanno fatti bene però. Anzitutto, vanno fatti in piena autonomia e come scelta personale di colui che li fa».
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