giovedì 31 dicembre 2015
​Il senatore dem: sui diritti c’è intesa, ma no alla genitorialità.  
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Il «momento della decisione» è arrivato. «Penso che ci siano le condizioni per fare una legge che parta dal riconoscimento delle unioni civili, come istituto distinto dal matrimonio e che trova la sua fonte di legittimazione nell’articolo 2 e non nell’articolo 29 della Costituzione », spiega il vicecapogruppo del Pd al Senato, Giorgio Tonini. È ipotizzabile lo stralcio della 'stepchild adoption'? Allo stato sembra difficile, anche se molte decisioni vengono prese in 'zona Cesarini'. Io sono tra coloro che preferirebbero stralciare. Se vogliamo distinguere l’unione civile dal matrimonio, il vero punto è quello della genitorialità. Sarebbe opportuno che nel nostro ordinamento rimanesse legata alla coppia eterosessuale. E però lo stralcio ha come svantaggio una sorta di abdicazione del Parlamento a legiferare a favore della magistratura, visto che si stanno moltiplicando le vertenze giudiziarie. Anche nel Pd c’è chi dice che questa legge apre la strada ai matrimoni gay. Mi pare che il Pd abbia una propensione a discutere. Su questioni come le unioni civili ci sono state posizioni trasversali. C’è un consenso vasto sull’equiparazione tra coppie omosessuali e quelle sposate per quanto riguarda le questioni fiscali e finanziarie, mi sembra più controversa la questione della 'stepchild'. Si apre un’altra fase di scelte per il governo. L’Europa ci ha dato credito, ma ora bisogna mostrare le carte. Ieri Juncker ricordava come il 2015 sia stato un an- no terribile per l’Europa, con il caso della Grecia. L’Italia, solo con Renzi e la sua maggioranza – giocando di sponda con Draghi che ha spinto nella stessa direzione espansiva la politica monetaria – ha seguito una strada che qualcuno diceva poco coraggiosa. La nostra posizione è stata premiata: siamo rimasti dentro le regole europee, forzandone le interpretazioni, superandole, riscoprendo le ragioni della crescita. Ora sembra tutto scontato... L’Europa promuoverà la manovra? Ci sono Paesi, come la Francia, che sono fuori dalle regole. La Germania infrange le regole, come quella dello squilibrio macroeconomico. Noi siamo rimasti dentro il percorso di rientro del deficit, semplicemente usando l’1 per cento per rallentarne il percorso. La legge di stabilità apre un derby tra pensionati e poveri? No, perché ci sono anche pensionati che rientrano nei casi di situazioni di alta povertà. L’unica priorità sono i bambini in condizioni di povertà. I 600 milioni stanziati (che diventeranno un miliardo nel 2017 e 2018) saranno uno strumento universale, a prescindere dalla categoria e dalla ragione dell’indigenza. Nella legge di stabilità c’è anche attenzione alla natalità. L’abolizione delle tasse sulla casa, la card per le famiglie numerose sono strumenti che vanno in questo senso. Ma dobbiamo aiutare gli italiani a fare figli e mettere su famiglia. E per consolidarsi la crescita ha bisogno delle riforme, dalla giustizia, all’istruzione alla burocrazia. Su questo le grandi riforme sono un cantiere aperto, da quella costituzionale a quella Madia. Il 2016 sarà l’anno in cui si vedranno i primi effetti... Renzi si gioca tutto nel 2016, tra elezioni e referendum. La storia del nostro Paese ha sempre scommesso sulla capacità degli italiani di capire quale fosse la posta in gioco. De Gasperi insegna. Però Renzi ha detto che si dimetterà se non passa il referendum. Renzi ha detto con maggior nettezza una cosa ovvia. Se dovesse perdere, sarebbe una smentita cocente di tutto il lavoro di questi anni. Mi appello a tutte le forze politiche già pronte a formare prematuri fronti del 'no', non si sa bene in nome di che cosa, perché non è emersa una visione alternativa alla riforma approvata finora. Fermo restando che ogni riforma è perfettibile.
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