martedì 4 novembre 2014
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La legge di stabilità riduce il pericolo di una «spirale recessiva» grazie a un rallentamento nell’aggiustamento del deficit che appare «motivato» dall’«eccezionale profondità» delle crisi. Ma mostra anche diverse criticità, a partire dai rischi per il sistema previdenziale dell’anticipo del Tfr in busta paga. Inoltre se la riduzione del cuneo fiscale è «significativa» e va nella giusta direzione, lo strumento scelto del taglio dell’Irap può ripercuotersi sui conti delle Regioni che potrebbero aumentare le tasse, anche perché nel contempo dovranno ridurre la spesa. L’analisi è della Banca d’Italia che ieri è stata ascoltata nel corso delle audizioni alla Camera sulla legge di bilancio. Un giudizio problematico arriva anche dall’Istat, che ridimensiona il carattere espansivo della manovra prevedendo un «impatto marginalmente positivo nel 2014» ma un «effetto nullo sulla crescita del Paese nel biennio successivo». La Corte dei Conti teme invece che gli ulteriori tagli di spesa previsti, al momento sostituiti da clausole di salvaguardia, comportino un impegno eccessivo che «grava sul futuro» del Paese. La legge di stabilità ha cominciato ieri il suo iter alla Commissione Bilancio della Camera con una serie di audizioni che si completerà oggi con le parti sociali e gli enti territoriali. Entro venerdì si attende il deposito degli emendamenti, ma il confronto governo- maggioranza sulle modifiche è già avviato e potrebbe portare a rivedere tra l’altro il controverso aumento della tassazione sulla previdenza complementare e il taglio dei fondi per i patronati.  In tema di pensioni il vicedirettore generale della Banca d’Italia Luigi Signorini ha avvertito nella sua analisi come sia «cruciale» che l’anticipo del Tfr nelle buste paga resti una misura strettamente temporanea, altrimenti c’è il rischio che i trattamenti previdenziali di domani risultino del tutto inadeguati. «Lo smobilizzo del trattamento – ha spiegato – inciderebbe negativamente sulla capacità della previdenza complementare di integrare il sistema pubblico, che in prospettiva presenta bassi tassi di sostituzione, soprattutto per i giovani». L’istituto di via Nazionale non nasconde gli aspetti positivi della manovra che oltre a ridurre le tasse sul lavoro finanzia «riforme potenzialmente importanti relative all’istruzione scolastica e al mercato del lavoro». C’è cautela però sul ridimensionamento dell’Irap che «comprime i margini di autonomia delle Regioni, per le quali il tributo rappresenta la principale fonte di finanziamento », così come sul gettito previsto dalla lotta all’evasione fiscale che resta «difficile da stimare». Punto questo sottolineato anche dalla Corte dei Conti che a sua volta rileva come la riduzione dei trasferimenti verso enti locali e Regioni potrebbe essere compensata con un aumento dell’imposizione decentrata: «Le coperture individuate, specie quelle dal lato della spesa delle amministrazioni territoriali, mantengono margini di incertezza per il timore sia che da esse derivino peggioramenti nella qualità dei servizi, sia che esse inducano ad aumenti delle imposte», ha affermato il presidente della Corte Raffaele Squitieri. Un rischio che si aggiunge a quelli relativi alle clausole di salvaguardia previste (valgono 16 miliardi nel 2016, e oltre 23 nel 2017) e all’uso dei proventi «per loro natura incerti » della lotta all’evasione «per coprire spese o sgravi fiscali certi». La magistratura contabile ha ricalcolato in 32,4 miliardi (dai 36,2 iniziali) l’impatto della manovra dopo la trattativa con la Ue. Ieri intanto il ministero dell’Economia ha informato che a ottobre il fabbisogno è risultato pari a 8,5 miliardi, in miglioramento rispetto ai 12 di un anno prima. Nei primi dieci mesi dell’anno il fabbisogno cumulato si attesta a 77 miliardi, con un miglioramento di 11,3 miliardi rispetto all’analogo periodo del 2013.
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