domenica 24 maggio 2015
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Nella Liguria che va al voto con l’incubo pareggio, la campagna elettorale non gli è piaciuta: «Troppa competizione personale, scarso confronto sui programmi». Un imprenditore-pioniere quale Giuseppe (per tutti Beppe) Costa, l’uomo dell’Acquario, uno fra i primi in Italia a credere nel successo del tandem cultura-divertimento (e in passato a sua volta tentato di 'scendere in campo'), alla politica chiede ben altro, nell’anno I dell’era post-Burlando: «Voglio un ammini-stratore che gestisca, senza troppi equilibrismi. Che si muova, insomma, magari facendo anche qualche scelta sbagliata. Il pericolo che rischiamo costantemente è quello di restare fermi». E aggiunge anche un sogno, concreto e antico, in quella Liguria «schiacciata sul mare» (come la cantava Francesco Guccini in 'Piazza Alimonda'): «Un treno. Serio, frequente e decente, per collegarci meglio con le grandi città». È davvero deluso da queste Regionali? Sì. Si è discusso di temi prettamente politici. E nemmeno genovesi. A sinistra, se si possa costruire un’alternativa a Renzi. A destra, se Forza Italia debba continuare ad esistere rispetto al mondo. E dire che materiale per i programmi ci sarebbe. Come no, anche se abbiamo tutto sommato un’economia molto piccola, con un milione e 600mila abitanti. E condizionata dal peso molto forte della sanità, che da sola si porta via quasi l’80% del bilancio regionale. Come mai? Scontiamo un retaggio storico, di quando eravamo il bacino sanitario del Nord-Ovest. Anche l’orografia non ci aiuta: per la conformazione del territorio ogni zona vuole il suo ospedale. La sanità è il problema nodale dell’economia ligure: se non si riesce a uscire da questo vincolo, non si attiva quel volano necessario per gli altri settori. Quali altre problematiche avete? Le infrastrutture. C’è il Terzo Valico ferroviario sulla tratta Milano-Genova, che è in fase di esecuzione, e la Gronda, sorta di passante autostradale di cui invece va completato l’iter autorizzativo. Verso Ponente e la Francia, poi, va cancellato il ritardo su quella trentina di chilometri di ferrovia ancora a binario unico, unico caso del genere per un collegamento internazionale. Su questa materia, tuttavia, le posizioni dei due maggiori schieramenti sono sostanzialmente identiche, si tratta di muoversi in fretta nel realizzarle. Opere necessarie per superare lo storico 'isolamento' della Liguria. Esatto. E anche per creare nuova occupazione, sia diretta sia in modo indiretto, facilitando i flussi di turisti e operatori industriali, in particolare dell’hi-tech che vede qui punte di eccellenza come Ansaldo e l’Iit (l’Istituto italiano di tecnologia, ndr). Abbiamo un aeroporto ancora gestito dall’Autorità portuale, che andrebbe privatizzato e dovrebbe stringere accordi con le compagnie low cost e potenziare le strutture. Pensi che molti croceristi che salpano dalla Liguria preferiscono andare a Malpensa, o anche a Nizza e Pisa, piuttosto che arrivare qui. E il porto? I porti, bisogna dire. Ne abbiamo tre: oltre a Genova, Savona e La Spezia. Fanno oltre il 50% del traffico portuale italiano, ma hanno bisogno di un maggior coordinamento e di qualche serio investimento pubblico, in aggiunta a quelli privati. Non ha parlato finora del turismo... Anche qui abbiamo potenzialità inespresse. A partire dalle Cinque Terre, famose nel mondo ma meno visitate di quanto potrebbero esserlo. Vale sempre il discorso di prima: bisogna però liberare risorse, per investire. Faccio un esempio: per i nostri parchi della riviera romagnola abbiamo fatto una grande campagna informativa con le istituzioni, qui non si è potuta fare perché non ci sono soldi sufficienti. E in Europa sono proprio le Regioni ad accedere ai fondi, necessari anche per venire incontro ai problemi di difesa del suolo che da queste parti sono cronici, come le ripetute alluvioni hanno dimostrato. E il dramma della disoccupazione? È molto sentito. L’economia ligure ha i pregi e i difetti di essere stata troppo assistita. Con Finmeccanica e Fincantieri qui c’era molto lavoro, ora non è più così. Anche per questo la popolazione di Genova è scesa da 800 a circa 600mila abitanti. E speriamo che i giapponesi non 'svuotino' le aziende delle quali hanno rilevato il controllo (Ansaldo Sts e Breda, ndr). La politica ligure nell’ultimo ventennio è stata 'dominata', sui due fronti opposti, dalle figure di Burlando e Scajola. È così? È vero. Sono stati in qualche modo i motori di questo territorio. Basti ricordare l’Expo del 1992, il G8 del 2001, il rifacimento del centro storico di Genova. La loro ascesa e successiva discesa ha coinciso con quella della regione, d’altronde. Ora abbiamo due ministri, Pinotti e Orlando, ma tutto sommato 'pesano' poco. Cosa si attende dal nuovo governatore? Chiunque sia a vincere, penso che un cambio ci sarà. Un po’ per l’età, un po’ perché sono due personaggi - mi riferisco a Paita e Toti - meno coinvolti con il passato. Spero anche nel livello di onestà, dopo lo scandalo dei rimborsi che ha travolto anche il consiglio ligure. Se nessuno arriverà al 35%, si paventa una sorta di 'patto del Nazareno' in salsa ligure. Cosa ne pensa? Mi auguro che non succeda. Sarebbe un caso unico: avremmo una Regione condizionata dagli umori romani, nazionali, più che dalle esigenze locali. Di M5S cosa ne pensa? Io sono per proporre, non per picconare. E lei? La vedremo un domani in politica? Nel 2011 non nego che fare il sindaco mi ha molto tentato. Ora non più. Si può servire la comunità anche facendo l’imprenditore in modo sociale.
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