mercoledì 6 gennaio 2016
Il ministro dell’Interno ad Avvenire: «Referendum abrogativo se passa il ddl Cirinnà sulle unioni civili. Da noi nessun ricatto a Renzi, ma le maggioranze variabili non fanno bene alla tenuta di un governo».
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Una promessa quasi scandita. «Se l’Italia avrà una legge che consente la stepchild adoption alle coppie gay, il giorno dopo avvieremo una grande raccolta di firme per il referendum abrogativo. E io sarò in prima linea». Angelino Alfano ha appena abbandonato gli studi di Rai3 dove ha fatto il punto su immigrati e terrorismo. La testa del ministro è a Bruxelles, dove le decisioni si impantanano nei sempre meno comprensibili veti incrociati. Ma anche a Roma, al dibattito più rovente del momento, quello sul ddl Cirinnà. «Io so come la pensa Renzi, so che Matteo, alle primarie, ha preso un impegno con il suo partito. Ma sa anche come la penso io, sa che i nostri 'no' sono invalicabili, sa che il mio movimento politico è nato come baluardo a difesa di vita e famiglia». Una pausa breve precede l’affondo: «La stepchild rischia davvero di portare il Paese verso l’utero in affitto, verso il mercimonio più ripugnante che l’uomo abbia saputo inventare». Ripete quelle due parole il ministro dell’Interno: «Mercimonio ripugnante». Un giudizio forte. Seguito da un proposito politico destinato a fare titolo: «Vogliamo che l’utero in affitto diventi un reato universale. E che venga punito con il carcere. Proprio come succede per i reati sessuali ». Ministro, sono parole che sembrano mettere la parola 'fine' a ogni possibile mediazione. Ci sono due settimane di tempo, le utilizzeremo per dialogare e parlarci. Ma la nostra posizione resta scritta a caratteri cubitali: 'sì' a una legge che preveda specifici e precisi diritti patrimoniali, 'no' a qualsiasi assimilazione, implicita o esplicita, alla famiglia costituzionale. E soprattutto 'no' all’adozione sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta. Il Pd sembra però pronto ad accordarsi con M5S e Sel... Non ci spaventa questa prospettiva. Noi siamo quelli dei 500 milioni alle neomamme, quelli che non hanno esitato ad andare a salvare i migranti in ma- re mentre certi cattolici di destra chiedevano di lasciarli morire... Siamo quelli che si sono battuti per impedire la propaganda gender nelle scuole, quelli che hanno sfidato i benpensanti chiedendo ai prefetti di cancellare i registri delle unioni gay. Non ci spaventa combattere questa nuova battaglia in Parlamento. Continua ad escludere conseguenze sul governo? Questo provvedimento non fa parte del patto di governo e noi non vogliamo usarlo come arma di ricatto. Continuiamo a rivendicare l’impulso riformista che abbiamo dato a questo esecutivo e che non abbandoniamo a metà del guado. Ma le maggioranza variabili, in un modo o nell’altro, fanno danno alla tenuta di un governo. È una palla di neve che può diventare una slavina. Se le venisse offerto, in extremis, la possibilità di inserire nel testo-Cirinnà un più aspro divieto dell’utero in affitto, scenderebbe a compromessi? Forse non sono stato chiaro. Fino a quando i diritti delle unioni gay sono il copia- incolla dei diritti familiari e fino a quando c’è la stepchild o qualsiasi altro strata-gemma la nostra risposta è no, no e ancora no. La nostra battaglia per punire con il carcere chi ricorre all’utero in affitto procede in parallelo, non è oggetto di baratti. Dalle sue parole desumiamo che Renzi abbia deciso, volente o nolente, di andare avanti sul ddl-Cirinnà. Lei ha già in testa la campagna referendaria... Siamo pronti a guidarla e a dialogare con tutte le realtà che ci crederanno. Io credo che su questo tema, il rischio di offrire a un giudice l’appiglio per equiparare le unioni gay al matrimonio eterosessuale è altissimo. I cattolici tutti, i politici credenti di entrambi gli schieramenti, devono dare una risposta chiara. Lei dice: siamo quelli che salvano i migranti in mare e quelli che difendono la famiglia. Del secondo fronte abbiamo detto in abbondanza. Sul primo, quello che lo interpella come ministro dell’Interno, sembra proprio che l’Europa sia al punto di partenza, ferma e inerme...  Molti sostengono che il futuro dell’Ue sarà legato alla politica economica, ai soldi, allo 0,1 di deficit. Io non sono di questo avviso. Tra tre anni l’Europa sarà più forte o sarà tragicamente caduta a seconda di come affronterà il tema dell’accoglienza dei migranti e della sicurezza dei suoi cittadini. Al momento l’Ue è come una grande nave che ha avvistato per tempo l’iceberg, ma continua imperterrita sulla stessa rotta, con il rischio di sbatterci contro.  Ormai ogni Stato sembra andare in ordine sparso e sembra essere in balia delle proprie opinioni pubbliche, Svezia e Danimarca allarmano... Bruxelles deve evitare iniziative solitarie costi quel che costi. C’è la strategia dei tre pilastri da riprendere e, stavolta, attuare davvero: hotspot, ricollocamenti e rimpatri. Bisogna fare in modo che tutti accettino questo percorso. Per spiegarci meglio: centri per foto-identificare chi arriva, distinguendo tra profughi e rifugiati e chi invece non ha diritto ad entrare nei nostri confini; quindi solidarietà tra Stati nella distribuzione di chi deve avere accoglienza; infine rispedire a casa, seppur dolorosamente, chi in questo momento non può essere accolto. Se l’Ue non riesce ad essere incisiva l’Italia farà da sola? Non esistono piani B, nessun governo nazionale può farsi carico da solo dei rimpatri, che sono molto costosi. E nemmeno gli accordi intergovernativi possono essere efficaci quanto azioni comuni della Ue. Se l’Europa non si sveglia il sistema andrà al collasso ovunque, raccoglieremo solo le macerie. Fonti giornalistiche attribuiscono all’Italia l’intenzione di sospendere Schengen... Smentisco, l’Italia non darà un segnale del genere. Siamo un grande Paese europeista. Certo abbiamo ben chiari i pericoli che si insidiano nella cosiddetta 'rotta balcanica'. Sappiamo che da lì possono infiltrarsi soggetti pericolosi. Al Nord-est non chiuderemo le frontiere, ma abbiamo già inviato, e continueremo a farlo, numerosi uomini e mezzi antiterrorismo. A breve l’Italia potrebbe essere chiamata ad un impegno forte in Libia. Da ministro dell’Interno teme conseguenze per la sicurezza interna? Noi non possiamo permetterci di avere un vulcano in eruzione di fronte alle nostre coste. Nella cornice Onu, abbiamo il dovere di contribuire insieme ad altri Paesi alla stabilizzazione della Libia assumendo anche il compito di coordinare la coalizione. Noi siamo pronti. Ciò potrebbe portare più pericoli all’Italia? Dubito che i pericoli saranno maggiori di quelli che corriamo oggi con una Libia profondamente instabile. Non dimentichiamo che da lì partono il 90 per cento delle persone che sbarcano da noi. Un’iniziativa come quella proposta da Pisapia, 350 euro al mese per le famiglie che ospitano rifugiati, può essere utile come strategia di accoglienza? La settimana prossima incontreremo l’Anci per definire delle linee comuni, ma ogni comune ha margini per organizzare la risposta che ritiene più efficace. Se io fossi sindaci lavorerei per una ospitalità diffusa coinvolgendo onlus, associazioni e realtà del volontariato che hanno esperienza e know-how nell’accoglienza.
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