mercoledì 11 maggio 2016
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La levata di scudi contro Alfio Marchini, il quale annuncia che non 'celebrerà' unioni gay se eletto al Campidoglio, suona come rivelatrice. Il candidato civico, in realtà, ha detto solo di voler rispettare la legge. Spiegando che, con lui, se sarà eletto, non ci sarà da aspettarsi le cerimonie spot alle quali ci aveva abituato il predecessore, prive peraltro di effetti legali, in assenza di una legge, al tempo. Se da domani, invece, ci sarà una norma dello Stato che regola le unioni gay, a Roma come altrove – una volta istituito un apposito registro – si potrà costituire un’unione civile «mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale dello stato civile e alla presenza di due testimoni». Punto. Chi più ha patrocinato questa legge ha spiegato per mesi che non si tratterà di un simil- matrimonio ma di una nuova formazione sociale. Tutta questa voglia di cerimonie pubbliche e di sindaci in fascia tricolore, invece, rivela il pensiero recondito, che qualcuno non ha mancato di rendere anche palese: dar vita al matrimonio gay egualitario, puntando a stravolgere una legge persino prima della sua approvazione definitiva.
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