martedì 27 gennaio 2015
L'Eurogruppo: siamo pronti a trovare una soluzione, ma niente cancellazione del debito  Dijsselbloem sente il ministro in pectore Varoufakis: «Atene non vuole uscire dall'euro».
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Dialogo con Alexis Tsipras, ricerca di una soluzione, ma niente cancellazione del debito. Riuniti per un Eurogruppo in calendario da tempo, inevitabilmente i 19 ministri dell’economia dei Paesi dell’euro si sono ritrovata ad affrontare la questione Grecia. Anche se si è registrata a Bruxelles una certa delusione che Tsipras abbia scelto un alleato ancora più critico, se possibile, nei confronti dell’Ue, l’aria che si respira non è particolarmente agitata e paiono lontani momenti come quelli vissuti tra il 2010 e il 2012.  La vittoria di Syriza, ragionava ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, contiene «due importanti messaggi: il primo è che in Europa bisogna creare più crescita e più lavoro», e il secondo è che «la soluzione di questo problema deve essere europea: dobbiamo lavorare tutti assieme per trovare un equilibrio fra compatibilità finanziaria e crescita e lavoro».  L’aria è semmai di attesa, anche se una cosa piace: la rapidità record della formazione della coalizione, «ci farà risparmiare tempo», ha commentato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Il quale ha avuto già una telefonata di un quarto d’ora con il ministro delle Finanze in pectore Yanis Varoufakis. «Mi ha assicurato che vuole cooperare», racconta. Nessuno pensa a un 'Grexit', «siamo lieti che la nuova coalizione abbia messo tra le sue ambizioni la permanenza della Grecia nell’eurozona, è anche la nostra», ha detto ancora Dijsselbloem. Il problema è però che al momento Tsipras e i partner europei sono su posizioni piuttosto lontane. A cominciare dalla richiesta di una cancellazione di parte del debito. «Non sembra esserci grande sostegno per la riduzione del debito greco», ha avvertito Dijsselbloem. «Tsipras – ha sottolineato anche Benoit Coeuré, membro del board Bce – deve ripagare il debito, sono queste le regole del gioco». «Nessun trattamento speciale per la Grecia» ha rincarato Christine Lagarde, direttore generale del Fmi. Il problema è che il tempo stringe, il 28 febbraio scade il programma di aiuti alla Grecia, un’ultima rata da oltre 7 miliardi di euro è appesa a un rapporto della troika, che però è vincolato all’ottemperanza greca agli impegni. Dal primo marzo Atene potrebbe ritrovarsi senza soldi. «Non so ancora quando la troika ritornerà ad Atene, dipende dal governo greco», ha avvertito Dijsselbloem. In realtà, le opzioni cominciano a profilarsi. Anzitutto un’estensione di sei mesi del programma di aiuti, che però richiede un’intesa con Tsipras. E poi un nuovo allungamento delle scadenze del debito con un’ulteriore riduzione degli interessi. In questo senso andavano le dichiarazioni, significativamente, anche del ministro delle Finanze finlandese, un Paese 'falco', Alexander Stubb: «Non condoneremo i prestiti, ma siamo pronti a discutere di estendere il programma e le scadenze ». E anche Coeuré della Bce diceva che può esserci una «discussione sulla riprogrammazione del debito». Sarebbe una ristrutturazione parziale, anche se i creditori (che ormai sono all’87% Ue, Bce e Fmi, la sola Italia ha crediti per circa 40 miliardi di euro) subirebbero solo una riduzione dei profitti. Ieri però il capo dei fondi salvastati Efsf ed Esm Klaus Regling – il 44% dei debiti greci sono in mano sua – ha avvertito che già nel 2012 c’era stato un primo allungamento delle scadenze del debito pregresso, che ha già portato a una riduzione del 40% dell’onere del debito greco. Quanto di più si potrà fare? Il problema del resto è anche, ha ricordato il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, che «le riforme devono continuare, stanno già dando primi risultati». Il programma di Tsipras  sembra andare in un’altra direzione.
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