venerdì 16 gennaio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Matteo Renzi non intende prescindere da Berlusconi, ma l’idea che sia solo l’ex Cavaliere l’interlocutore con cui il leader del Pd possa scegliere il successore di Napolitano fa infuriare le tante correnti della minoranza democratica, da giorni attive tra riunioni notturne e di corridoio. Così ognuno mette in piedi una sua strategia, e l’ipotesi di un ritorno di Romano Prodi nel segreto dell’urna torna a prendere corpo. L’idea l’accarezza Pier Luigi Bersani, deciso a «non buttare al vento le prime tre votazioni». Vale a dire quelle a maggioranza qualificata dei due terzi, che darebbero al presidente della Repubblica il consenso ampio dovuto.  Se dunque il premier chiede ai suoi di attendere il quarto scrutinio per calare l’asso concordato con alleati e avversari, l’ex segretario democratico spera di poter contare su qualche centinaio di voti per il Professore già nei primi tentativi. Bersani punta sulla disponibilità di Sel, di una buona fetta di grillini e su 40-50 voti degli azzurri di Fitto, che non seguono Berlusconi. L’idea del «capo dell’esercito nemico», per dirla con Augusto Minzolini, a capo delle istituzioni sarebbe il coronamento della pacificazione richiesta da Fi. Un gioco che costringerebbe comunque Renzi a dirottare tutto il partito sull’ex premier, se Prodi dovesse arrivare alla quarta votazione con un gruzzolo di consensi da non sottovalutare. Di fronte a questa ipotesi, i Cinque Stelle – che ieri hanno  interrotto le 'quirinarie' (per evitare che dal cilindro del web saltassero fuori troppi nomi) – potrebbero entrare in partita, convergendo sull’ex inquilino di Palazzo Chigi. E però, proprio Beppe Grillo, deciso a tenere le mani libere, ieri ha fermato la macchina filo-prodiana, così come l’ipotesi della scalata al Colle di Veltroni. Su Prodi, dice il leader di M5S, «oggi i franchi tiratori sarebbero più di 202». Per Bersani, però, «quello dei franchi tiratori è un alibi» utilizzato per evitare un accordo ampio già dalle prime 'chiame'. Quanto alle soluzioni alternative, come Giuliano Amato, sembra avere perso peso, agli occhi della minoranza democratica. L’ex segretario lo aveva già proposto ai tempi delle sue consultazioni, ma era stato accolto già allora come un ritorno al passato.   Insomma, per ora non si trova un nome che metta tutti d’accordo, e alla riunione della Direzione di oggi il leader dem è deciso a tracciare le linee di un percorso. Renzi però è determinato a spuntare le armi delle sue opposizioni interne. E per gli ex ds ha pronta la contromossa: la candidatura di Veltroni o Fassino, ai quali nessuno della sinistra potrebbe dire di no. Un’ipotesi che metterebbe all’angolo Mattarella e Castagnetti, graditi agli ex ppi di Fioroni, sebbene da Renzi ci si attenda un asso dell’ultim’ora, come è già stato per il nome del ministro degli Esteri.   Lo scontro, dunque, si preannuncia duro, e oggi nel parlamentino del partito inizieranno ad affiorare le prime tensioni. Sempre Bersani è deciso a stanare il segretario sulle primarie, chiedendo di «metterle in sicurezza». Che proprio Renzi stia meditando di accantonarle per il suo predecessore è impensabile. Fu proprio Bersani ad accettare la sfida dell’ex sindaco di Firenze e ad essere accusato di chiudere con regole restrittive la sfida ai gazebo.  
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: