mercoledì 19 dicembre 2012
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Pierluigi Bersani prova a minimizzare il dissidio con Mario Monti. In attesa di sapere cosa il premier farà, il segretario del Pd smentisce, infatti, che nell’incontro avuto l’altroieri con il presidente del Consiglio ci siano state una grande distanza e addirittura una sorta di pre-dichiarazione di belligeranza in chiave elettorale. I rapporti sono cambiati? «Assolutamente no», scandisce il candidato premier del centrosinistra, arrivando a un pranzo con ambasciatori asiatici. «Leggo delle cose, ma il nostro è stato un colloquio cordialissimo. Ci siamo fatti gli auguri e ce li faremo ancora», ha aggiunto il leader del Pd.
Più tardi all’assemblea del gruppo del partito il segretario del Pd ha ribadito che se si vuole trovare un nemico di Monti premier bisogna guardare altrove. «Il quadro ancora non è chiaro – dice Bersani – ma siamo stati e saremo leali fino all’ultimo». In realtà, confermano fonti democrats, l’incontro sarebbe stato davvero improntato a grande freddezza, con la sostanziale presa d’atto finale che con il Professore ci si confronterà con tutta probabilità alle urne.
Il leader democratico, però, continua a mostrare sicurezza, anche di fronte alla possibile discesa in campo dell’europeista Monti, che gli complicherebbe, soprattutto al Senato, gli scenari di vittoria. E lo fa sottolineando gli incontri che oggi terrà lui a Bruxelles (vedi box sotto) per «confermare l’orizzonte europeo del Pd e del possibile governo del Paese». Anzi, rilancia, affermando che il suo è «il partito più europeista» e vuole «contribuire a migliorare le politiche europee, che fin qui per noi non sono soddisfacenti». L’Italia – dice Bersani – «non è all’altezza di quello che il mondo si aspetta». Visti gli interlocutori di giornata ha sottolineato come «dobbiamo avere il senso di noi nel Mediterraneo e nel mondo. Abbiamo una vocazione europeista e mediterranea ma dobbiamo rivolgerci con intensità e queste aree del mondo che stanno crescendo».
Ma la vocazione internazionale non impedisce al numero uno di largo del Nazareno di cimentarsi anche nella polemica interna. In diverse occasioni ieri il leader della coalizione di centrosinistra ha, poi, polemizzato con lo schieramento di centrodestra, accusato di aver boicottato la riforma della legge elettorale. E di posporre i propri interessi a quelli del Paese riguardo alla polemica sulla legge di stabilità. Nella quale il Pdl avrebbe «svilito il Parlamento». Prima dell’incontro con gli ambasciatori Bersani ha anche commentato le affermazioni del segretario Angelino Alfano, che - prendendo spunto dalle parole di Napolitano che aveva sottolineato il profilo politico del prossimo esecutivo - gli aveva detto «ti ha dato il preincarico». Alfano, ribatte il segretario del Pd «ama le battute, è allegro, è allegro...». Mentre cerca di snobbare il leader del Pdl Silvio Berlusconi e la sua offensiva mediatica: «Lasciamolo fare, non sa fare altro. Lasciamogli fare quel mestiere lì», sbotta.
Dunque, il Pd ci crede. sta impostando una campagna che avrà il segno "piu", come più lavoro, più diritti, più riforme, nella convinzione di essere più avanti, nella definizione delle alleanze e del programma, rispetto a tutte le altre formazioni, già in campo o ancora in cantiere. Ma tutti sono consapevoli che la partita sarà tutt’altro che semplice soprattutto per ottenere una maggioranza certa al Senato. Sono ancora allo studio tutte le possibilità per cercare di prendere il premio di maggioranza regionale nelle tre regioni-clou (Lombardia, Veneto, Sicilia): se sembra perdere quota l’idea di presentare dappertutto un listone Pd-Sel, c’è chi ipotizza una lista unica "a macchia di leopardo" solo in alcune regioni. E in parallelo il leader dei Moderati Giacomo Portas sta continuando a tessere la tela per la "terza gamba" del centrosinistra insieme ai fuoriusciti dell’Idv, come Massimo Donadi, e con Bruno Tabacci, candidato alle primarie di area rutelliana.​
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