sabato 2 aprile 2016
Dalle acque radioattive al petrolio. E i tumori aumentano. Il Pg Lucianetti: qui è più difficile indagare sull’ambiente.
Basilicata «avvelenata», i mali e le colpe
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Segreti. Di Pulcinella. La situazione ambientale della Basilicata si conosceva da tempo. Sapeva la Regione, l’Arpab e chi, istituzionalmente, non avrebbe potuto essere al buio. E poi ci sono le inchieste via via aperte in questi anni (e poi chiuse, tranne una, sfociata in lievi condanne), i molti riscontri che raccontavano un inquinamento da allarme rosso, le denunce degli ambientalisti, ma anche - appena due mesi fa - quelle parole in apertura di anno giudiziario del Procuratore generale, Massimo Lucianetti: «In Basilicata le indagini in materia ambientale sono più difficoltose che altrove», aveva detto, citando il capo della Procura di Potenza e il suo augurio di «un più proficuo e coordinato rapporto con l’Arpab (l’Agenzia regionale per l’ambiente, ndr ». E del resto - stando al quadro dipinto dalla Dda con l’inchiesta sul 'Centro Oli' di Viaggiano e 'Tempa Rossa'- trucchi e trucchetti non erano affatto disdegnati. Come quello, diffusissimo nel nostro Paese, di 'modificare' i codici Cer che caratterizzano i rifiuti, magicamente trasfor-mando quelli pericolosi o speciali in sacchetti dell’immondizia o quasi. A proposito, Vito Di Trani, sindaco di Pisticci, proprio ieri ha commentato con un «chi è causa del suo mal, pianga se stesso», le misure giudiziarie prese nei confronti della 'Tecnoparco' a Pisticci Scalo: «Ho più volte denunciato il sospetto che i codici Cer provenienti dal Centro di Viggiano potessero esser stati cambiati», ha detto. Sospetto che l’inchiesta pare stia rendendo certezza. 'Libera' Basilicata lo ricorda in una nota: «Da diversi anni la magistratura indaga su vari reati legati all’attività petrolifera, dalla corruzione alla concussione, al danno ambientale legato alle emissioni di agenti inquinanti, fino al traffico e allo smaltimento illecito di rifiuti». Ci fu poi il capitolo acque radioattive. Novembre 2014, l’Arpab si accorge che le acque di scarto della lavorazione del petrolio (che finiscono nel fiume Basento...) hanno una radioattività nove volte sopra la media: quasi 1 Bequerel per litro, mentre l’Ue ne prevede 0,1. L’Eni replica secca: «Le acque petrolifere del 'Centro Oli' Val d’Agri vengono monitorate e non è mai emerso pericolo radioattività». Le acque sono quelle che vengono trasportate con autobotti dal Centro alla 'Tecnoparco'. Tre mesi dopo, nel marzo 2015, il sindaco di Satriano di Lucania dispone il «divieto assoluto» di usare le acque di alcuni pozzi. Per la loro radioattività. Le incidenze oncologiche sono l’altro campanello d’allarme. Agostino Di Ciaula è il coordinatore del Comitato scientifico nazionale dei Medici per l’ambiente (Isde): «In cinque anni, dal 2007 al 2011, ben duecentocinque bimbi lucani da zero a quattordici anni hanno avuto un tumore maligno. In media, quaranta ogni anno». E intanto, mentre i dati ufficiali certificano appena il 5% dei tumori in Lucania esser dovuti a cause ambientali, l’Istituto nazionale tumori della Lombardia, sulle stime fatte dall’Istituto superiore di Sanità, racconta come in Basilicata siano in forte crescita i tumori al seno nelle donne e al colon retto negli uomini, con alcuni numeri riferiti alle prime più alti di quelli della Campania. Tutto questo senza contare le parole del più che noto studio 'Sentieri' che attestano da tempo la più alta mortalità registrata nei Sin, anche quelli lucani. Ancora. Le molte analisi effettuate e ripetute. Come nel 2009, quando furono trovate dalla 'Agrobios' (istituto accreditato presso la Regione, che poi sempre nel 2009 perse l’accreditamento) tracce di policiclici aromatici nell’olio d’oliva e piombo nel formaggio e nelle patate. Oppure come nel 2010, quando l’Arpab registrò nell’aria del territorio di Barile (alta Basilicata) idrocarburi cinque volte superiori al limite previsto dalle norme. Si conoscono da tempo, infine, anche certi accadimenti che in Lucania si ripetono: coincidenze, per carità. Come quella dello scorso dicembre, in piena indagine Dda sulle attività estrattive e lo smaltimento dei rifiuti anche tossici. Il direttore dell’Arpab Aldo Schiassi è appena stato ri- mosso, ma se n’è andato inferocito e ha raccontato in Procura dei bastoni che la Regione avrebbe messo fra le ruote dei controlli ambientali (e altro) affidati all’Agenzia.  Poco dopo il neodirettore Edmondo Iannicelli denuncia il furto di fascicoli con le richieste di rimborso di missioni del suo predecessore, ma anche altri documenti dei quali non si è riusciti «ad individuare la tipologia». «Siamo di fronte a una organizzazione criminale di stampo mafioso organizzata su base imprenditoriale», aveva detto l’altro ieri – riferendosi all’inchiesta in corso – il capo della Procura nazionale antimafia, Franco Roberti. Parole pesantissime...
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