venerdì 10 gennaio 2014
Prende corpo l'ipotesi di nuove elezioni. Ma il Carroccio insorge.
Caso Piemonte, il dito nella piaga Marco Olivetti
I giuristi: legittimi gli atti compiuti finora
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Galeotta quella lista di Pensionati per Cota: 27mila voti determinanti per il governatore leghista, sulla quale le firme non erano regolari, tanto che Michele Giovine, responsabile del "pacchetto" e uno dei suoi esponenti, è stato condannato a due anni e otto mesi. Ieri il Tar, dopo tre anni e mezzo, ha emesso la sentenza di annullamento delle elezioni. Il Piemonte, dunque, dovrà tornare alle urne. E dovrà farlo «il più rapidamente possibile», secondo il premier Enrico Letta, alquanto stupefatto dei tempi che il tribunale amministrativo si è preso per prendere una decisione tanto grave. «Non commento mai le sentenze, ci saranno le conseguenze del caso, si andrà al voto – dice il capo del governo –. Certo, tre anni e mezzo sono un tempo assolutamente incredibile e penso che tutti si debba riflettere su questo. Forse bisogna riguardare alcune di quelle norme».Chi commenta, o meglio, insorge, è la Lega, insieme con il centrodestra, già alla carica con il ricorso al Consiglio di Stato. La sentenza, infatti, è immediatamente esecutiva ma in questo modo se ne congelano gli effetti. Il Carroccio non intende arrendersi. Il segretario Matteo Salvini parla di «un attacco alla democrazia e alla Lega» e oggi scende in strada per una fiaccolata dei militanti, con lo slogan «Giù le mani dal Piemonte».Dalla finestra, invece, osserveranno soddisfatti dal centrosinistra, che ha sostenuto dall’inizio la richiesta di Mercedes Bresso. «La Lega delira. È stata fatta giustizia, seppure in ritardo», commenta la diretta interessata che, avendo perso per 9.000 voti, nel 2010 aveva avviato la procedura. Ora però, secondo il sindaco di Torino Piero Fassino, «al di là degli aspetti strettamente giuridici delle vicenda non c’è dubbio che con il pronunciamento del Tar si pone la necessità di dare alla Regione Piemonte un Consiglio e una Giunta che siano pienamente legittimati e riconosciuti dai piemontesi, obiettivo che può essere realizzato unicamente con nuove elezioni». Ma la Lega non molla. Gli avvocati del governatore hanno già fatto presente che anche una delle liste che sostennero la Bresso, i «Pensionati e Invalidi», era viziata da irregolarità, tanto che l’autenticatore è stato condannato. Il centrodestra parla dunque di «persecuzione della sinistra che, se non riesce a vincere le elezioni, usa l’arma giudiziaria». E, insiste il leader leghista Salvini, «sulla raccolta delle firme si sbaglia dappertutto ma guarda caso paga solo la Lega».Concorda Giorgia Meloni, che offre al Carroccio la solidarietà di Fratelli d’Italia. Una sentenza discutibile nel merito e nella tempistica, accusa.Non ammettono repliche invece i radicali. Anzi.«Se l’Italia fosse uno Stato di diritto democratico, i Consigli regionali di Piemonte e Lombardia e le Giunte presiedute da Cota e Formigoni sarebbero state sciolte 4 anni fa, ancor prima di essere costituiti. Siccome l’Italia è altro, gli abusivi hanno sgovernato e incassato per 4 anni», commenta Marco Cappato.A questo punto, per l’europarlamentare pd Gianni Pittella, «Mercedes Bresso merita di tornare a lavorare in Europa da protagonista». Di fatto, con la candidatura tempestiva di Chiamparino, l’ex governatrice resta infatti tagliata fuori dalle scelte locali.

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