martedì 14 ottobre 2014
​Ancora ignora la sorte delle studentesse rapite il 14 aprile dai miliziani di Boko Haram. Una lettera aperta sull'Independent per sollecitare i governi.
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Sono passati 6 mesi dal rapimento delle 276 studentesse nigeriane di Chibok, il 14 aprile scorso, e la situazione non accenna a sbloccarsi. Dopo il ritrovamento di 57 di loro, rilasciate o fuggite nelle prime settimane dopo il sequestro, resta ancora ignota la sorte della maggior parte, presumibilmente ancora nelle mani degli islamisti di Boko Haram oppure, ipotesi persino peggiore, "vendute" schiave, come minacciava in un video il leader dei miliziani Abubakar Shekeau. Lettera-appello in Gran Bretagna. Un appello per la liberazione delle liceali è stato rivolto martedì da un gruppo di ex ministri e comandanti britannici all'Onu e al Regno Unito. In una lettera pubblicata dall'Independent, si chiede alla comunità internazionale di mobilitarsi per farle tornare a casa sane e salve e al governo britannico di coordinare l'assistenza militare a quello nigeriano. Fra i firmatari ci sono l'ex ministro degli Esteri, Malcolm Rifkind, e l'ex capo di Stato maggiore britannico, il generale David Richards. "Boko Haram e l'Isis fanno parte di un crescente rete del terrorismo internazionale che costituisce una minaccia diretta alla sicurezza nazionale del Regno Unito. Devono essere fermati", si legge nella lettera. Washington ribadisce il suo impegno. E anche da Washington si levano voci autorevoli. Gli Stati Uniti continueranno "a lavorare per il rilascio di tutte le ragazze che ancora sono sequestrate" e saranno "ovunque al fianco delle ragazze che cercano di realizzare il proprio potenziale attraverso l'istruzione". Lo ha assicurato Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale. "Abbiamo contribuito alle indagini, anche dispiegando personale sul terreno, facilitato le comunicazioni strategiche e fornito assistenza alle famiglie - ha ricordato - Questi sforzi rientrano nel nostro più ampio appoggio alla Nigeria nel perseguimento di una sua strategia antiterrorismo". La campagna #bringbackourgirls. All'indomani del rapimento era scattata una mobilitazione internazionale per sensibilizzare il governo di Abuja. Partita via Twitter, la campagna #bringbackourgirls aveva mobilitato personalità di primo piano del mondo della politica, dello spettacolo e della società civile, oltre a gente comune. La stessa first lady americana, Michelle Obama, aveva postato una foto che la ritraeva con il cartello recante lo slogan. Una marcia ad Abuja. Il governo del presidente Goodluck Jonathan ha sempre assicurato il massimo impegno e dispiegamento di forze. Ma dopo 6 mesi il mondo non conosce ancora la sorte delle ragazze. E le famiglie restano nella disperazione. Nella capitale Abuja martedì si è tenuta una marcia diretta al Palazzo della presidenza, per rricordare al governo il suo impegno. Ma Boko Haram colpisce ancora. Intanto non si fermano gli assalti di Boko Haram. Almeno 27 persone sono rimaste uccise a Riyom, nello stato centrale di Plateau, da uomini armati. A riferire dell'attacco, attribuito agli uomini di Boko Haram, sono stati i media nigeriani. L'attacco, risalente a giovedì, ha messo in fuga migliaia di persone. Gli assalitori hanno appiccato il fuoco a decine di abitazioni.
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