mercoledì 9 gennaio 2013
​Scontro sull'ordinanza del sultano di Selangor (Malaysia): uso esclusivo ai fedeli islamici. La minoranza cristiana del Paese non ci sta: è la parola che indica il Dio della Bibbia.  
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Il sultano dello stato malaysiano di Selangor, Sharafuddin Idris Shah, ha vietato ai non musulmani, con una esplicita ordinanza (fatwa), di usare il termine "Allah", dicendo che "è una parola sacra, esclusiva per i musulmani". Secondo la Costituzione, il sultano detiene il potere esecutivo in Selangor, uno dei 13 stati che compongono la Federazione malaysiana. Nello stato di Selangor, i cittadini musulmani sono il 57,9%, i buddisti il 24,4%, gli induisti l'11,6%, i cristiani il 3,8%, con uno 0,3% di altri piccoli gruppi religiosi.Il divieto imposto dal Sultano riapre una ferita per la comunità dei credenti in Malaysia e soprattutto per i rapporti islamo-cristiani: la questione dell'uso del termine "Allah", infatti, è stata al centro di una disputa giuridica fra la Chiesa e lo stato. "Allah" è la parola con cui "Dio" è tuttora indicato nella Bibbia in lingua malay, fin dalle prime edizioni. La controversia fra la Chiesa cattolica e il governo è ancora aperta e resta "sospesa", sebbene i cristiani abbiano vinto nel 2009 il primo processo in tribunale, che ha sancito il loro diritto di usare il temine "Allah". Gli avvocati del governo hanno presentato ricorso e si attende ancora una soluzione definitiva.La questione è tornata alla ribalta dopo che, nei giorni scorsi, il segretario del Partito di Azione democratica, aveva sollecitato il governo a consentire a tutti l'uso della parola "Allah".In un comunicato inviato a Fides, le Chiese protestanti riunite nel "Council of Churches of Malaysia" (CCM) obiettano che una "fatwa" non può applicarsi ai non-musulmani e ribadiscono che, basandosi sulla sentenza del 2009, tuttora valida, continueranno a usare la loro Bibbia in cui è presente il termine Allah, esercitando la libertà di espressione, sancita dalla Costituzione. Interpellato dall'Agenzia Fides, il rev. Thomas Phillips, pastore protestante e presidente del "Malaysian Consultative Council of Buddhism, Christianity, Hinduism, Sikhism and Taoism" stigmatizza il fatto che "la questione, di natura religiosa, è nuovamente strumentalizzata a livello politico, per motivi di carattere elettorale", esprimendo una posizione condivisa dai leader religiosi non musulmani.
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