venerdì 6 settembre 2013
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Come gesto concreto sabato saranno esposte le bandiere della pace nelle sedi delle Camere del lavoro e nelle case dei militanti che vorranno aderire; si discuterà di come promuovere una pacificazione e opporsi ai venti di guerra che spirano sempre più forte. Anche la Cgil parteciperà, a suo modo, alla giornata di mobilitazione per la soluzione pacifica del conflitto in Siria, annunciata dal Papa domenica scorsa. Niente digiuno né preghiera per un’associazione laica come è il sindacato di corso d’Italia, ma «abbiamo colto con grande attenzione l’idea del Pontefice di mobilitare le persone, di non arrendersi all’ineluttabilità di un intervento armato da parte di alcuni Paesi», spiega la leader della Cgil Susanna Camusso.Il Papa ha detto «mai più guerra» e che la «violenza genera altra violenza», mettendo in guardia dai rischi di un intervento armato unilaterale. Condividete queste preoccupazioni?Certamente. Anche se provocati da eventi concreti, come l’inaccettabile utilizzo di armi chimiche contro la popolazione civile - un atto che suscita la nostra più ferma condanna - non possiamo accettare che l’unica risposta sia lasciata alle armi, generando altre morti e innescando ulteriori conflitti dall’esito e dall’estensione davvero imprevedibili.Eppure quel conflitto in Siria va fermato, non possiamo limitarci ad assistere a quel genocidio...Devo dire che andava fermato anche prima che venissero utilizzati i gas... Ma questo non fa che sollecitare ulteriormente una riflessione su quali strumenti gli organismi internazionali possano e debbano mettere in campo per la risoluzione di guerre civili così cruente.Il Papa ha indicato due parole innanzitutto: dialogo e diplomazia. Due «armi», tra l’altro, che il sindacato sperimenta quotidianamente per la risoluzione dei conflitti sociali.Come sindacato abbiamo sempre immaginato che lo sbocco da preferire e verso il quale impegnare le energie di tutti i soggetti, sia quello di una conferenza di pace. Dobbiamo tutti essere capaci di indicare altre strade rispetto a un blitz armato. E come sindacati possiamo dare un contributo sia di mobilitazione, sia di indicazione di strumenti per lo sviluppo, la crescita delle libertà e della democrazia. Preferisco parlare del dialogo come lo «strumento» principale per la risoluzione di qualsiasi tipo di conflitto.L’appello del Papa al digiuno e alla preghiera, come provoca un sindacato laico e una persona non credente?Da laica riconosco la preghiera come esperienza altrui. Ma colgo tre elementi positivi per tutti. Il primo è quello di sottolineare come ognuno di noi possa fare qualcosa per la pace. La seconda è la chiamata ai soggetti collettivi, anche internazionali, a rendersi protagonisti di un’iniziativa di pace. Il terzo è questo parlare, attraverso la preghiera e il dialogo, a tutte le religioni, facendo del proprio credo uno strumento di pacificazione.
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