venerdì 22 maggio 2015
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«Non sai quanto mi pento di non esserci andato prima...». Per i siriani come Moutaz al-Shaieb lo spartiacque è la guerra, iniziata nel marzo 2011. «Studiavo già storia dell’arte ma non avevo ancora deciso che cosa fare. Come tutti gli appassionati di antichità, Aleppo era – ed è – la mia città del cuore. Mi sono proposto varie volte di visitarla ma, ogni volta, dovevo rimandare. Poi, è esploso il conflitto. E tutto è cambiato, anche io», racconta il 24enne di Damasco ad Avvenire. Moutaz non è più potuto andare ad Aleppo. Proprio le immagini delle devastazioni prodotte dai gruppi armati nella città-martire, tuttavia, l’hanno spinto a scegliere una strada coraggiosa. E controcorrente. Moutaz, insieme a un gruppo di giovani archeologi e restauratori, sotto la guida della Direzione generale di antichità e musei, cerca di salvare dalla guerra l’inestimabile patrimonio artistico del Paese.Difendere il passato per costruire il futuro, è il loro motto. «Anche noi combattiamo per la nazione. Ma senza armi. Proteggiamo qualcosa che è patrimonio di ogni siriano, al di là delle sue idee politiche o fede religiosa: la nostra storia, le nostre origini», afferma. Ai giovani tocca restaurare le bellezze che le bombe e i mortai, quotidianamente, devastano. «Quel che accade ad Aleppo è una doppia sofferenza per un archeologo. Alla catastrofe umanitaria si aggiunge le sistematica distruzione di un patrimonio culturale millenario: la città ha oltre settemila anni». Musei, scavi, edifici antichi sono, tuttavia, a forte rischio ovunque nel caos siriano. «Fortunatamente, mi occupo, in particolare, di mosaici e non di monumenti architettonici. Almeno i primi possono essere portati in zone protette, fin quando ce ne sono... Certo, a volte è frustrante. Spesso quel che restauriamo viene nuovamente distrutto. Non possiamo, però, fermarci». Al recupero diretto, la Direzione generale per i musei e le antichità contatta i vari schieramenti per cercare si sensibilizzarli sull’importanza di non devastare il patrimonio storico. «Non è facile ma è uno sforzo fondamentale. Si cerca di mostrare che è nell’interesse di tutti. L’alternativa è che il vincitore si troverà a governare un cumulo di macerie».
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