mercoledì 1 febbraio 2012
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Gentile direttore, sono sempre stato un ammiratore di Celentano ma sinceramente, in un periodo di crisi e di grandi sacrifici per tutti (e dopo aver aumento il canone tv) un compenso di 300mila euro a puntata è solo vergognoso e offensivo verso chi si trova in difficoltà. Evidenzio che trattandosi di 20 minuti di spettacolo il compenso è di 15mila euro al minuto. Un pensionato agricolo che ha lavorato la terra per 40 anni, quei soldi non li prende con un anno di pensione! Invito tutti a cambiare canale appena entra Celentano. Informiamoci e impariamo ad abbassare l’auditel ogni volta che nella tv pubblica si presenta un personaggio con compensi eccessivi.
Stefano De Angelis
Caro direttore, ho appreso che a Celentano pagheranno fino a 700mila euro e oltre per apparire a Sanremo. Ciò mi indispone se penso che ci sono persone e famiglie che vivono con pochi euro, non riescono ad arrivare a fine mese e in più pagano regolarmente il canone Rai. Che vergogna! Credo che di Celentano si possa anche farne a meno, in un momento di crisi come questo tali importi offerti a personaggi dello spettacolo fanno veramente rabbrividire. La Rai è un servizio pubblico?
Daniela Caironi
Caro direttore, a proposito del compenso per Adriano Celentano a Sanremo, volevo ricordare che proprio lui, in una canzone del 1976, ammoniva che «Cambiano i governi niente cambia lassù. C’è un buco nello Stato dove i soldi van giù»... Ma sembra che chi la cantava non se ne sia ricordato quando è stata l’ora di accettare di andare a Sanremo e parimenti chi tiene i cordoni della borsa!
Andrea Venturelli, Faenza (Ra)
Caro direttore, condivido la lettera di Piercarlo Gallione, pubblicata ieri martedì 31 gennaio, ma non l’ultima affermazione: «Celentano non ha colpa, lui riceve, ma la Rai paga...». Eh no, cari miei. È vero, la Rai paga, ma è lui che chiede. Non ho mai visto le serate del festival. Quest’anno andrò oltre: terrò spento il televisore.
Lino De Angelis, Cassino (Fr)
Le lettere qui accanto sono soltanto una parte delle tante piovute in redazione sul "caso Celentano-Sanremo". Tutte dello stesso acceso tenore, non tutte pubblicabili. Da domani, probabilmente, si cambierà in parte musica. La decisione di Adriano Celentano di dare in (verificabile) beneficenza l’astronomico compenso a lui destinato indurrà infatti tanti a rivedere il giudizio sulla faccenda. Che a mio modesto avviso resta una brutta faccenda. Conosco, ovvio, le regole dello spettacolo e dello spettacolo sponsorizzato: bisogna calamitare attenzione, bisogna attirare investitori. Per la Rai, in soldoni (è il caso di dirlo), i tanti quattrini dati a un popolare cantante-mito sono la base per ottenerne molti di più da chi fa pubblicità. In un gioco così ci guadagnano tutti, si dice. Tutti, già. Tranne quei cittadini-pagatori di canone che si fanno le domande e sviluppano i ragionamenti ai quali, qui, sto provando a rispondere anch’io. Vado al punto: temo proprio che alla fine a farci la figura peggiore sarà il servizio pubblico radiotelevisivo, anche se vincerà di nuovo la partita degli ascolti e degli introiti. Il Molleggiato, infatti, avrà gratuitamente preso e gratuitamente dato, gli sponsor saranno soddisfatti e si sentiranno anche un po’ più buoni, tutti saremo edificati dal disinteresse guascone del più originale e incantatore degli inaffondabili della grande canzonetta italiana, ma la Rai nella testa di tanti – che cambino o non cambino canale o addirittura arrivino a spegnere la tv – resterà quella che in tempo di duri sacrifici continua a elargire cifre da capogiro ai soliti noti. E i più attenti annoteranno anche che mentre con una mano dà, con l’altra toglie: chiudendo sedi giornalistiche nel sud del mondo che in un anno costano la metà del cachet che una star incassa per una serata... Ho stima per chi regge il timone dell’azienda di Viale Mazzini in questa fase complicata e di vorticosa (e disorientante) evoluzione sul piano della dialettica politico-gestionale interna. Proprio per questo mi auguro che riesca a ribaltare anche questa tendenza e a restaurare, interpretandolo compiutamente, il ruolo civile e culturale della Rai. Non sarebbe solo un buon messaggio per tutti noi, sarebbe un autentico servizio pubblico. PS. Un modo per avviare un recupero non solo spettacolare e all’insegna della gratuità più piena forse ci sarebbe. Ed è già stato suggerito su queste colonne da un nostro lettore, volontario dell’Associazione italiana dei donatori di organi: portare a Sanremo come ospite anche la canzone "Vivo con te" e la storia di donazione di Alessio e Camilla.
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