La risposta ai servi della morte è la vita Passione e lucidità, e mai come «loro»
mercoledì 27 luglio 2016
Caro direttore,
ogni giorno ci svegliamo e ci chiediamo: "Oggi dove colpiranno?". E mentre mi pongo questa domanda mi viene in mente l’ultima scena del film Blade Runner con le parole che l’hanno resa immortale: «Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo. Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire». E poi il commento della voce narrante: «Io non so perché mi salvò la vita. Forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l’avesse mai amata... Non solo la sua vita: la vita di chiunque, la mia vita. Tutto ciò che volevano erano le stesse risposte che noi tutti vogliamo: "Da dove vengo?" "Dove vado?" "Quanto mi resta ancora?" Non ho potuto far altro che restare lì e guardarlo morire». È una scena che mi pare di vedere e rivedere oggi, con la ricorrente esplosione della furia disumana del terrorismo che ci vorrebbe far vivere come schiavi del terrore, vittime sacrificali di un progetto di morte. La minaccia che incombe sul nostro quotidiano ci sfida a ritrovare le ragioni della vita, è questa e solo questa la strada per non essere più schiavi, contrastare i seminatori di morte con una nuova e più energica decisione per la vita. L’antidoto al terrorismo è la passione alla vita che ognuno di noi, persino i terroristi, porta inscritta nel suo cuore. Credere a questa passione, rilanciarla con tutte le nostre forze, questa è la nostra vera arma, e così noi combatteremo questa «terza guerra mondiale a pezzi».
Gianni Mereghetti, insegnante


Anche da questa parte del mare ora hanno osato colpire in chiesa, durante la celebrazione del mistero eucaristico, agendo contro un sacerdote che stava per consacrare il pane e il vino e uccidendo lui e uno dei fedeli presenti a quella santa Messa feriale in una piccola realtà francese di provincia. Tra le molte parole che si sono rincorse ieri in bocca a più di un politico è risuonata questa: la risposta al terrorismo dovrà essere «spietata». Non sono d’accordo. Sono invece d’accordo con lei, caro professor Mereghetti: la risposta dovrà essere forte, appassionata e lucida. Lucidamente appassionata. Non possiamo armarci della stessa spietatezza dei jihadisti islamici altrimenti saremmo come loro, e loro avrebbero vinto piegandoci alla loro logica. Non possiamo rinunciare a essere liberi. Noi – e quando dico "noi", lo ripeto ancora una volta, intendo tutte le persone "per il bene" che non si consegnano al male dell’odio, della sopraffazione e della chiusura – non possiamo rinunciare a essere umani e cristiani. Loro – e quando dico "loro" intendo i servi del terrore e tutti quelli che armano e fanno in ogni forma la guerra – vogliono che rinunciamo a essere cristiani e umani e diventiamo a nostra volta respingenti e cinici, violenti e feroci. Ci vogliono uguali a loro. La lotta sarà dura, e insegnanti come lei saranno in prima linea. Come ogni uomo e ogni donna di buona volontà. Come i nostri preti disarmati e disarmanti, coraggiosi e buoni, come padre Jacques assassinato in odium fidei, martire per fedeltà e per amore. Come ogni musulmano buono e che ha potere di parola e saprà usarlo con la forza, la chiarezza e la passione necessarie per condannare senza ambiguità in nome di Dio gli abomini che miscredenti assassini radunati sotto la bandiera nera del Daesh compiono nel nome del loro idolo di sangue.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI