mercoledì 11 dicembre 2013
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Caro direttore, affido a lei queste mie riflessioni, sapendo della sensibilità del suo giornale. Ambrogino d’oro 2013, tanti gli attestati di benemerenza, ventiquattro medaglie d’oro assegnate a milanesi che, per varie ragioni, si sono messi in luce. Una di queste è stata assegnata anche a me, e ringrazio vivamente il Comune di Milano e la sua Giunta. Tanti applausi, per qualcuno molto nutriti. Scarsi per me, ma non tengo conto della mia persona che definisco normalmente "servo inutile", quanto della causa che tento di portare avanti ogni giorno, la vita nascente. «Dove erano i sostenitori della vita?» chiede ieri mio figlio, presente alla manifestazione del giorno prima. Rifletto, e anche io mi chiedo «Dove erano i sostenitori della vita?». Al teatro Dal Verme c’erano milleseicento persone, ma il popolo della vita? Pensandoci riesco a comprendere le perplessità della Giunta comunale ad assegnarmi l’onorificenza, non scuso ma posso capire il desiderio di alcuni di venire a insozzare i muri del palazzo dove abito con scritte ingiuriose, e mi faccio anche una ragione degli articoli dove vengo definita «persona pericolosa, oscurantista, medievale…». Io mi definirei soprattutto una persona sola, nonostante gli amici più cari, che ogni giorno aspetta e ancora aspetta, senza fare la caccia alle streghe, le persone profondamente dubbiose e tormentate sulla prosecuzione della loro gravidanza. «Che cosa dici a queste donne per convincerle?». La verità è che non dico niente, e non convinco nessuno. Il mio impegno, che vivo come una cosa grande, è ascoltarle, con l’obiettivo di arrivare a una relazione e a un progetto di aiuto. Non ho mai svitato teste, non ho mai insinuato i miei princìpi negli altri, ho accolto tutto ciò che mi portavano, anche le emozioni più destrutturanti. Ho cercato di contenere le ansie, condividere, offrire posto dentro di me per farle sentire amate, qualunque fosse stata la loro decisione. Ho voluto bene indistintamente. A senso per i cristiani riporto una frase di Giovanni Paolo II: «Se non permettiamo ai bambini di nascere non possiamo nemmeno annunciare loro che Gesù Cristo è venuto a salvarci». Di nuovo mi domando: «Dove erano i cristiani?». Spesso dico che la vita è senza aggettivi, è un valore trasversale, però credo che per i cristiani l’annuncio del valore della vita nascente sia pregnante. Certo, il giorno di vacanza, il bel sole, la famiglia, gli amici, gli incontri nei gruppi, anche di spiritualità… tutte cose belle, ma «primum vivere, deinde philosophari». Io ci credo.
Paola Marozzi Bonzi
direttore Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli
 
Lei non è una «persona sola», cara amica. Non lo è affatto. Anche se i tanti che, come lei, fanno la cosa giusta in modo giusto, sono un "esercito che non fa rumore" e, normalmente, non viene coinvolto in celebrazioni ufficiali, visto che ama e celebra la vita nei più piccoli (e più poveri) e nelle loro mamme ben lontano dai riflettori. Capisco perciò la sua amarezza, ma capisco ancor meglio il suo impegno "per" la vita. La sua azione limpida e generosa "per" i bambini già quasi perduti e ai quali, come scrive citando Giovanni Paolo II, «permettiamo di nascere». "Per" le madri che vengono aiutate a non perdere i figli e a non perdere se stesse. "Per" i padri che – quando ci sono – possono imparare quanto valga sostenere una vita in cammino. Grazie per averci messi a parte di questi pensieri, per metà luminosi e per metà scuri. Grazie per ciò che realizza, ogni giorno col "suo" Centro di aiuto alla Vita. Grazie per l’Ambrogino d’oro che, in modo singolare e forte, ha condiviso con noi. Sono felice di poterle dire tutto ciò nel giorno in cui l’Europarlamento è riuscito, a sua volta, a dire "sì" alla vita, non facendosi tentare dalle sirene che cantano la nenia impossibile e tragica dell’aborto come «diritto umano». Sorrida, sia forte e ricordi che Papa Francesco ci esorta a vivere sempre la gioia cristiana.
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