martedì 9 ottobre 2012
​Via libera da 11 Paesi, ci sono anche Roma e Madrid. «Scelta non facile, ora si allarghi il consenso».
Finalmente: i mercati non sono una zona libera dalla morale di Leonardo Becchetti
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​Parte la Tobin tax in versione ridotta. Ieri a Lussemburgo, dopo un lungo travaglio, l’Italia ha finito per dare il suo contributo decisivo all’avvio della cooperazione rafforzata voluta da Francia e Germania. Una cooperazione rafforzata resasi inevitabile visto che già a giugno si era sancita l’impossibilità di un accordo a 27 (e in materie fiscale è d’obbligo l’unanimità). Non era scontato, nelle ultime settimane Italia e Spagna – che invece a marzo avevano firmato una lettera alla Commissione insieme a Germania e Italia – erano apparse recalcitranti. Alla fine però Berlino e Parigi hanno portato a casa il risultato, andando anzi oltre le aspettative, superando la soglia dei 9 Paesi (il numero minimo per poter lanciare una cooperazione rafforzata) per arrivare a quota 11.La Commissione europea, ha spiegato il responsabile per la Tassazione, Algirdas Semeta, avvierà le procedure formali e presenterà all’Ecofin di novembre una nuova proposta di tassa sulle Transazioni finanziarie (in sigla Ttf) limitata ai soli partecipanti. Un testo che si baserà sulla proposta originaria avanzata dalla Commissione lo scorso settembre per tutti e 27 gli stati membri, che prevede due aliquote, 0,1% per azioni e obbligazioni e 0,01% per i derivati. La destinazione d’uso è lasciata ai singoli Stati membri, anche se Bruxelles ha proposto di utilizzare almeno una parte del gettito per alimentare il bilancio comunitario. Dopo l’approvazione della cooperazione rafforzata a maggioranza qualificata (ritenuta scontata) da parte di tutti e 27 gli Stati membri, il testo finale andrà poi approvato all’unanimità dai partecipanti e molti osservatori prevedono negoziati lunghi e difficili. Ci vorrà non meno di un anno, se tutto filerà liscio.L’Italia era preoccupata di possibili danni sui mercati nazionali e sull’Eurozona (oltre agli effetti sui propri titoli di Stato) per una Tobin tax limitata a pochi Paesi, mentre nel 2010 si era pensato addirittura alla partecipazione dell’intero G20. Alla fine, in seguito anche alle fortissime pressioni dei partner, oltre che a questioni di politica interna (vista la popolarità della tassa contro le speculazioni) la svolta è arrivata nella tarda serata di lunedì. Solo poche ore prima Parigi e Berlino sembravano arrancare, arrivando a fatica a raggiungere gli 8 firmatari (oltre a Francia e Germania, anche Belgio, Austria, Slovenia, Portogallo, Grecia, Estonia). Ieri si è aggiunta l’Italia e, a sorpresa, anche Spagna e Slovacchia che «hanno seguito a ruota» Roma, riferiscono fonti diplomatiche. «Avete visto che ce l’abbiamo fatta», ha commentato trionfante il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble. Per l’Italia ha parlato – primo nella lista degli oratori nel Consiglio – il rappresentante permanente presso l’Ue, Ferdinando Nelli Feroci. «Dopo attenta e approfondita riflessione – ha dichiarato – il governo italiano ha espresso la sua disponibilità ad aderire alla cooperazione rafforzata. È stata una decisione non facile, maturata negli ultimi giorni, anche se da sempre il governo italiano ha manifestato simpatia e interesse, dichiarando però di preferire questa imposta in un contesto più ampio». Alla fine, ha spiegato ancora l’ambasciatore, «abbiamo deciso di aderire con l’auspicio che si crei un presupposto per una più ampia adesione di altri Stati membri».La tassa, d’altra parte, resta controversa, anche all’interno dell’Eurozona. Non hanno aderito, significativamente, sei Paesi della moneta unica (Olanda, Finlandia, Irlanda, Cipro, Lussemburgo e Malta). «Tre studi indipendenti – ha tuonato anche il ministro delle Finanze olandese, Jan Kees de Jager – hanno evidenziato effetti molto negativi. Per questo siamo contrari». Contrarissima resta la Gran Bretagna e soprattutto la Svezia. Il ministro delle Finanze di Stoccolma Anders Borg ha definito la Tobin tax una «tassa pericolosa». Per i sostenitori, invece, la tassa costringerà l’alta finanza – che negli ultimi anni ha ingoiato migliaia di miliardi di aiuti pubblici – a dare un suo contributo, arginando anche la speculazione.
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