sabato 30 maggio 2015
Esiste uno stabilimento Whirlpool che ha chiuso all’inizio dell’anno senza provocare un giorno di sciopero. Dove si sono persi 200 posti di lavoro, ma quasi altrettanti ne potrebbero nascere nello stesso sito industriale. Accade a Trento ma non se ne parla. Eppure è un esempio di collaborazione tra privato e pubblico, in questo caso la Provincia autonoma.
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Esiste uno stabilimento Whirlpool che ha chiuso all’inizio dell’anno senza provocare un giorno di sciopero. Dove si sono persi 200 posti di lavoro, ma quasi altrettanti ne potrebbero nascere nello stesso sito industriale. Accade a Trento ma non se ne parla. Eppure è un esempio di collaborazione tra privato e pubblico, in questo caso la Provincia autonoma. «È sempre una sconfitta quando un’impresa chiude e quando dei lavoratori perdono il posto – dice il presidente dalla provincia Ugo Rossi –. Ma qui il colpo siamo riusciti ad assorbirlo. L’autonomia ci ha aiutato, soprattutto grazie alla delega per gli ammortizzatori sociali». La multinazionale arriva alla fine degli anni ’90, acquisendo il sito ex Ignis. Dà lavoro a 700 persone. Tutto bene. Ma poi arriva la crisi. E i lavoratori calano a 400. Così grazie a una legge provinciale del ’99, ottiene dei finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, in cambio del mantenimento dei livelli occupazionali per almeno 5 anni. «Whirlpool ha mantenuti gli impegni, anzi è andata oltre arrivando a 8 anni», spiega Mauro Casotto, direttore marketing dell’Agenzia Trentino sviluppo, ente della Provincia. Poi l’aria cambia. Ma nel frattempo proprio la Provincia gioca d’anticipo. E decide di acquistare il sito della Whirlpool, prevenendo un privato che si era fatto avanti. L’area, infatti, è molto appetibile. «Sapevamo di non poter vincolare l’azienda per più di 5 anni – ricorda Casotto –. Così se poi avesse deciso di andare via almeno avevamo l’immobile». Oltretutto spuntando un affitto più vantaggioso, il 7% del valore del bene contro il 4,5% di mercato. Un buon affare, soprattutto in prospettiva. Perché poi Whirlpool se ne va davvero. Prima porta due linee produttive in Polonia, poi ne dismette altre cinque privilegiando lo stabilimento di Varese. Si arriva così a marzo con la chiusura di tutto il sito trentino. A quel punto i lavoratori sono scesi a 200, oltre a 200 dell’indotto. Può essere un dramma, ma nuovamente scende in campo l’ente locale. Così Whirlpool viene obbligata a tirare fuori 24 milioni per il decommissioning dell’impianto ma anche per la formazione dei lavoratori per favorire la ricerca di una nuova occupazione. Soldi anticipati dalla Provincia e poi rimborsati dall’azienda. «Abbiamo avuto così un "atterraggio morbido" – sottolinea Casotto –. E molti operai hanno già trovato un impiego grazie all’Agenzia del lavoro, anche questa gestita dalla Provincia». E a fine maggio scade il bando per l’area, 110mila mq, 70mila dei quali coperti. Ci sarebbe una decine di aziende interessate, grazie anche alla collaborazione della stessa Whirlpool che nel "pacchetto atterraggio morbido" ha speso un milione proprio per questa ricerca. Molta prudenza dal sindacato. «Per la reindustrializzazione c’è ancora il punto interrogativo, aspettiamo di vedere – dice il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli –. Ma riconosciamo che qui da parte istituzionale c’è stato un impegno che altrove non abbiamo visto».
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