lunedì 25 maggio 2015
Rientra la prospettiva di una rottura immediata ipotizzata dopo le parole di un ministro che minacciava di non ripagare il Fondo monetario internazionale.
L'incubo Grexit per l'Europa
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Il negoziato fra la Grecia e i suoi creditori rimane nel guado, ma rientra la prospettiva di una rottura immediata ipotizzata ieri dopo l'uscita di un ministro che minacciava di non ripagare il Fondo monetario internazionale.Il giorno dopo il caso aperto dalle parole di Nikos Voutsis, ministro dell'Interno ed esponente dell'ala dura di Syriza, è un portavoce dell'esecutivo a fare marcia indietro: Atene farà ogni sforzo per onorare tutti i suoi debiti, esclude di dover congelare i depositi bancari e si aspetta un accordo fra fine maggio e inizio giugno. Lo stesso ministro dell'Economia, Gergios Stathakis, getta acqua sul fuoco: l'intesa con i creditori è "assai probabile" ed è solo "questione di settimane". La componente del partito che ha stravinto le elezioni di gennaio più aperta al negoziato, intanto, incassa una vittoria: il Comitato centrale di Syriza ha respinto, con 95 voti contro 75, la proposta dell'ala oltranzista di non rimborsare gli 1,7 miliardi di dollari dovuti all'Fmi il mese prossimo.  Se ne parlerà al G7 finanziario a Dresda giovedì e venerdì. Giovedì i tecnici dei ministeri delle Finanze dell'Eurozona dovrebbero tenere una conference call per discutere i progressi nel negoziato: l'Euro Working Group potrebbe, se vi fossero passi avanti, decidere per la convocazione di un nuovo Eurogruppo. Ma quanto una soluzione dell'impasse resti lontana, e l'incidente dietro l'angolo, lo dice l'effetto sui mercati, con la Borsa di Atene in calo di oltre il 3% che, complice anche la decisa affermazione antagonista di Podemos in Spagna, ha trascinato in rosso Madrid e Milano, entrambe in perdita di oltre il 2%.  Dopo la fumata nera al consiglio Ue di Riga la scorsa settimana, l'attenzione si sposta finalmente su quello che il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis definisce il vero "punto di disaccordo" con Ue, Bce e Fmi: il surplus di bilancio greco, che i creditori vogliono elevato per garantire una improbabile sostenibilità del debito, al costo di imporre un'austerity che Atene rifiuta con ogni forza."Siamo desiderosi - dice Varoufakis in un articolo su Project Syndicate - di realizzare le riforme" che ci vengono chieste. Ma Atene - ricorda il ministro - non continuerà con l'austerity impostagli dalla troika, "più che doppia" rispetto a partner come Spagna o Portogallo, che ha fatto crollare il suo Pil di quasi il 25% dal 2010. Il surplus primario che i creditori vogliono - 2% del Pil l'anno prossimo, e oltre il 2,5% a seguire, Atene lo rifiuta: costerebbe quella stretta sull'Iva, quei tagli ulteriori alle pensioni, clausole di garanzia in caso di minori introiti da privatizzazioni su cui Syriza si gioca il patto con gli elettori.Ma per la Commissione europea - che nota la marcia indietro annunciata oggi dal portavoce di Atene - continua a far fede l'impegno preso da Atene nell'Eurogruppo del 20 febbraio. Olivier Blanchard, capo economista dell'Fmi uscente, è esplicito: i creditori vogliono un surplus primario sufficiente per abbattere un debito volato a oltre il 170% del Pil. Ma per averlo - a meno di non ristrutturare quel debito - serviranno ancora lacrime e sangue. Anche perché Atene - che in extremis potrebbe consolidare le rate in un unico pagamento a fine giugno - anche incassati i sette miliardi su cui sta negoziando avrà bisogno di nuovi prestiti per i prossimi anni: si parla di 50 miliardi.
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