lunedì 19 ottobre 2015
​Incontro al Teatro Verdi di Milano. Un libro e uno spettacolo. MIrabelli: stop agli spot in tv. Tarquinio: chi causa la dipendenza non sostenga i centri di recupero. (Daniela Fassini)
Azzardo, metastasi da fermare di Marco Tarquinio
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Una pièce e una tavola rotonda per presentare ai giovani il rischio della nuova "dipendenza": a Milano il teatro sfida "Azzardopoli". È andato in scena ieri sera, al Teatro Verdi, nell’avveniristico nuovo quartiere dei grattacieli milanesi, all’Isola, lo spettacolo teatrale "Io me la gioco!". La pièce, rivolta a studenti, genitori, educatori e docenti per sensibilizzare e informare sulle nuove e pericolose dipendenze, è stata preceduta da una tavola rotonda che prendeva spunto dal recente libro "Giocati dall’azzardo, mafie, illusioni e nuove povertà" della psicologa Maria Cristina Perilli, dirigente Sert Asl Milano.Al dibattito che ha preceduto lo spettacolo hanno partecipato, oltre al regista drammaturgo dell’opera, Renata Coluccini, anche il senatore del Pd e autore del Disegno di legge sull’azzardo, Franco Mirabelli e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Al centro del dibattito, le norme contenute nella recente legge di stabilità che mette a bando nuove sale e punti slot e il ddl in discussione al Senato. «Chiederò ai presidenti di stralciare la parte della pubblicità e andare subito in aula con questa», ha annunciato il senatore Franco Mirabelli (Pd), indicando così la nuova strada che dovrebbe far tirare un sospiro di sollievo ad associazioni e società civile da sempre in prima linea contro l’azzardo e per l’abolizione degli spot in tv. La nuova norma anti-spot, ha spiegato Mirabelli, dovrebbe approdare in aula fra un mese. Per Tarquinio, oltre all’abolizione della pubblicità, è importante che alle aziende dell’azzardo «non venga consentito di sostenere i luoghi di recupero di chi di azzardo si ammala». «C’è una parte della politica che è asservita a certe logiche», secondo Tarquinio, per il quale «l’aumento esponenziale delle giocate è perchè sono aumentati i luoghi dell’azzardo». «La schedina del Totocalcio non ha mai fatto male a nessuno – ha aggiunto – oggi lo smartphone è diventato il terminale di un casinò».

Per Tarquinio, è importante «abolire la pubblicità sul gioco, che gioco non è», fare sì che «vi sia piena trasparenza sugli azionisti delle concessionarie e che alle aziende dell’azzardo non venga consentito di sostenere i luoghi di recupero degli ammalati di azzardopatia». Il grande pericolo, sono ormai tutti d’accordo, è l’online, dove non c’è alcun controllo, soprattutto sui giovani e giovanissimi (esistono app per bambini da 6 a 12 anni, dove non si vincono soldi ma punti che aprono la strada alla dipendenza).Lo spettacolo teatrale "Io me la gioco", rivolto ai giovani («sono loro e le persone anziane i più fragili» racconta Maria Cristina Perillli) mette in scena una storia che attraversa il mondo degli adulti e dei ragazzi e, seguendone le tracce tra proiezioni e realtà, si imbatte nell’azzardo, «una delle “dipendenze” di cui oggi si parla e ci si interroga». «L’azzardopatia, il gioco d’azzardo patologico sono presenti come dipendenze-trappole da cui ci si può salvare mettendosi in gioco con se stessi, nelle relazioni» spiega la regista Renata Coluccini.

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