lunedì 1 luglio 2013
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Dai nemici bisogna difendersi. Quando sono uomini, vanno compresi e aiutati: è sempre possibile portarli al pentimento. Ci sono anche altri nemici, a prima vista innocui come l’erba. Non minacciano. Non alzano la voce. Stanno là, immobili, e ti guardano indifesi. Non lo sanno, ma colpiscono più dei cecchini in guerra. Parlo dei vecchi tetti di eternit di tante case. Furono messi lassù dai nostri nonni ignari dei danni che avrebbero procurato. Sbagliarono in buona fede, li assolviamo con formula piena. Poi si seppe che il loro cuore di amianto provoca il mesotelioma, parola difficile per dire tumore al polmone. La gente pian piano lo aveva intuito. In particolare gli operai dell’industria che lo produceva e che lanciarono l’allarme. Chiedevano aiuto. Raccontavano i loro drammi familiari alle telecamere. Mostravano le foto dei loro morti. Ma c’era chi negava. È sempre la stessa storia. Noiosa e pericolosa. «Non ci sono ancora studi seri che ne accertano la pericolosità… Si sta valutando il danno… Non bisogna impressionare il popolo…». E mentre si discute, la gente muore. Valga, invece, sempre e per tutti, il principio di precauzione: se non ho la certezza assoluta che nel cespuglio c’è una lepre e non un bambino, non sparo.In Italia l’amianto viene messo al bando una ventina di anni fa, ma ormai lo si trova dappertutto. Gli anni della ricostruzione post bellica e quelli del boom economico videro le abitazioni fatiscenti trasformarsi in comode casette. Quasi tutte con la copertura di eternit. C’era, poi, il serbatoio per l’acqua e la grondaia. Tutto rigorosamente di amianto. Ma la gente non sapeva. Non poteva sapere. E, silenzioso come il lupo, il nemico mieteva vittime. Gli operai edili lo tagliavano, lo limavano, lo sistemavano, lo respiravano. Dieci, cento, mille volte. Di amianto morivano. Questo ieri. E oggi? Oggi sappiamo, dunque non possiamo essere scusati. Sappiamo di essere minacciati da un esercito di cecchini ferocissimi. E finché lo lasciano integro lassù, il danno è ancora limitato. Per smaltirlo legalmente i costi sono altissimi. Una spesa che le famiglie, già tanto bistrattate, non possono permettersi. Perciò succede che i vecchi tetti vengono divelti, spezzati, sbriciolati e gettati in campagna o nella spazzatura.Addirittura c’è chi lo impasta con la sabbia e col cemento per farci il lastricato del cortile. È successo ancora in questi giorni. Ai bordi di una strada a scorrimento veloce, trafficatissima, qualcuno ha gettato via il tetto della casa ridotto in polvere. C’era il vento quella mattina. Un venticello benedetto dopo i giorni dell’arsura. Fratello vento che, senza saperlo, si faceva complice di sorella morte. Gli automobilisti, ignari del pericolo, passavano sereni coi bambini. Le autorità, invece, sapevano. I nostri meravigliosi volontari avevano allertato sindaci, vigili urbani e carabinieri. Centinaia di telefonate: «C’è amianto… Correte… Chiudete almeno l’ingresso di quella strada…». Sono arrivati solo l’indomani. Quando la polvere era già volata via. Finita chissà dove. Respirata da chissà chi. Con due teli di plastica trasparente hanno “imprigionato” il killer.È solo un esempio. Le nostre campagne traboccano di amianto. Nascosto sotto terra, ammucchiato sull’erba o messo a bruciare sui maledetti roghi. Che fare? Informare, senza stancarsi mai, e tenere d’occhio il tetto del vicino per aiutarlo a non fare guai. Lo Stato, poi, deve farsi carico almeno di una parte del costo – veramente troppo esoso – dello smaltimento. I nostri vecchi, cari tetti, sono pericolosissimi, occorre opporre adeguata difesa. Mercoledì papa Francesco ci ha ricordato che «tutti gli uomini sono uguali», dunque tutti sono preziosi. Ad essi, alla loro salute, alla loro sicurezza, non deve essere anteposto niente.
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