giovedì 9 maggio 2013
Conferma in appello: 4 anni e interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale nel processo d'appello per i diritti tv Mediaset. Il partito si mobilita: sabato a Brescia la manifestazione, presente Berlusconi.
LA SCHEDA
La storia: 10 anni d'indagini, sei di processo
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"Il Popolo della Libertà scende in piazza in difesa di Silvio Berlusconi. La manifestazione si svolgerà sabato 11 maggio a Brescia, alle 16 in piazza Duomo, con la partecipazione del presidente del Popolo della Libertà". Lo rende noto un comunicato del Pdl.


IERI ​«C’era da aspettarselo che la persecuzione sarebbe continuata. Certi magistrati ormai sono prevenuti nei miei confronti...». Silvio Berlusconi allarga le braccia sconsolato di fronte alle notizie che arrivano dal tribunale di Milano. Sono le 19.30, quando la corte d’Appello pronuncia la sentenza che conferma nei suoi confronti la condanna di primo grado: quattro anni di reclusione più cinque di interdizione dai pubblici uffici come pena accessoria. L’imputato Berlusconi, seduto non in aula ma nella residenza romana di Palazzo Grazioli, l’accoglie con amarezza, ma senza rabbia, come conferma chi gli sta accanto. «Il problema - spiega ai colonnelli del partito - è che alcuni magistrati non vogliono la pacificazione di questo Paese. E da vent’anni mi prendono a bersaglio, creando un clima di conflitto nella vita politica del Paese». Una pausa, poi il Cavaliere riprende: «I miei legali proseguiranno la difesa per via giudiziaria in Cassazione: ci sarà pure un giudice a Berlino». La nomina del presidente Santacroce, giudicato "equilibrato" dal Pdl, viene salutata con favore. Ma Berlusconi avverte: «Non voglio che le mie vicende processuali influiscano sugli equilibri del governo. E non vorrei che qualcuno, con dichiarazioni a mio sostegno, tocchi quel tasto. Il Paese ha bisogno urgente di riforme e di interventi economici ed è solo su quest’aspettativa che abbiamo fondato e fonderemo la fiducia accordata all’esecutivo guidato da Enrico Letta».La «pacificazione giudiziaria», evocata in aula da Renato Brunetta in aula il giorno della fiducia a Letta, è il leit motiv. L’invito a tenere i toni bassi, rivolto dal leader del Pdl, viene accolto dai big del partito, riuniti in via dell’Umiltà e attenti a distinguere i piani "politica" e "giustizia". Lo fa la portavoce del partito, Mara Carfagna: «Attacco fallito. Continueremo a sostenere lealmente il governo Letta». E lo fanno il capogruppo al Senato, Renato Schifani («Sono certi pm a non volere la pacificazione»), l’avvocato-senatore Niccolò Ghedini («Non credo che ci sia una correlazione tra questa sentenza e la stabilità politica»), e Fabrizio Cicchitto: «Non faremo ricadere sul governo le conseguenze di ciò che sta avvenendo sul piano giudiziario». Perfino "il falco" Daniela Santanché, attaccando «una sentenza vergognosa e scellerata», se la prende con chi «opera per fare saltare il governo Letta e l’ipotesi di pacificazione nazionale». E sul fronte opposto, non c’è voglia di fare polemica: «Non commento vicende giudiziarie», replica asciutto Massimo D’Alema ai cronisti che lo incalzano.La responsabilità e la "continenza" chieste dal Cavaliere alle truppe erano state già messe a dura prova nelle 24 ore che hanno portato all’elezione del presidente della commissione Giustizia al Senato, Francesco Nitto Palma: avversato due giorni fa dal Pd, è passato infine ieri pomeriggio nella quarta votazione (a maggioranza semplice). I vicepresidenti sono Felice Casson (Pd) e Maurizio Buccarella (M5S), il segretario Rosaria Capacchione, anche lei del Pd. L’ex Guardasigilli ha avuto 13 voti al ballottaggio contro i 4 del senatore grillino Michele Giarrusso, con una scheda nulla e otto bianche. Undici voti di Palma sono attribuibili al Pdl, a Scelta Civica («Basta col teatrino della politica, i patti vanno rispettati», afferma Andrea Olivero), a Grandi autonomie a all’Svp. Gli ultimi due voti per lui non hanno "paternità certa". La Lega li attribuisce al Pd: «Noi abbiamo votato scheda bianca», sostiene Roberto Calderoli. «Le otto bianche sono nostre», rivendica Beppe Lumia. L’ultimo (poco rilevante) mistero di una vicenda travagliata.

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