giovedì 17 ottobre 2013
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Martedì sera ha deciso di intervenire quando si è accorto che qualcuno stava facendo pericolose confusioni. «La Fraternità san Pio X di Albano non è una confraternita della diocesi – sottolinea il vescovo della cittadina laziale, monsignor Marcello Semeraro – né tanto meno una parrocchia, né una comunità di sacerdoti entrati nella Chiesa cattolica in seguito al documento <+corsivo>Ecclesia Dei<+tondo>. Quegli ecclesiastici, dunque, non hanno una struttura canonica all’interno della Chiesa di Roma». Il giorno dopo, il presule conferma quanto dichiarato "a caldo" e va oltre.Quali sono i suoi sentimenti dopo quanto è avvenuto?Innanzitutto permane la sofferenza per i diversi gesti che sono stati compiuti nella circostanza. A cominciare dalle reazioni violente e scomposte da parte di esponenti degli opposti estremismi politici, che hanno provocato turbamento nella stragrande maggioranza della popolazione. Sono comportamenti che aggiungono dolore a dolore e non servono a edificare la convivenza civile. Mi riferisco in particolare agli atti di violenza nei confronti della bara, che sono sicuramente deprecabili, perché il rispetto dovuto al corpo dei defunti, chiunque sia il morto, è uno dei principi fondamentali della civiltà.Qualcuno ha parlato di provocazione, dato che ad Albano, come a Roma, certe ferite sono ancora fresche.In effetti, ed è il secondo aspetto del problema, devo lamentare delle disattenzioni. Albano e tutta la zona dei Castelli è stata colpita dalle vicende che all’epoca hanno visto protagonista negativo Priebke. Le autorità comunali mi hanno confermato che almeno sei cittadini di Albano e di Genzano sono morti alle Fosse Ardeatine. Questa disattenzione nei confronti di una tale sensibilità è una cosa che mi rattrista e avrebbe richiesto maggiore discernimento nelle scelte.Da parte di chi?Io non lo so chi ha proposto Albano. Dico che da parte di tutti si sarebbe richiesto maggiore discernimento, tenendo conto di queste situazioni. Ci sono ferite passate che non è bello riaprire. Ed è dovere di chiunque abbia responsabilità ai diversi livelli – civile, politico e religioso – fare di tutto perché questo non avvenga. Ho però l’impressione che a conti fatti ci sia stato un gioco di equivoci e qualcuno che questi equivoci ha volutamente cavalcato e strumentalizzato.A che cosa si riferisce?Ho letto un comunicato della Fraternità san Pio X di Albano in cui si afferma che secondo le loro aspettative questo funerale si sarebbe dovuto tenere in forma privata, senza alcuna enfasi o strumentalizzazione. Invece probabilmente c’è stato qualcuno che ha voluto dare pubblicità all’evento. Non ho infatti nessuna ragione per dubitare delle dichiarazioni dei rappresentanti della Fraternità.I fatti di martedì danno dunque ragione anche sul piano pratico alla decisione del Vicariato di non consentire il funerale.Esattamente. I disordini e le violenze avvalorano quella decisione presa nel pieno rispetto delle norme canoniche, secondo le quali un funerale può essere vietato per chi muore in condizioni di pubblico peccato, senza segni di ravvedimento e con il pericolo che ci sia un pubblico scandalo, cioè che le esequie quasi avvalorino un comportamento deplorevole. La disciplina canonica, però, non proibisce – come messo in evidenza anche dal Vicariato – forme di suffragio per il defunto e di preghiera per il conforto di eventuali familiari. Ma un atto liturgico come le esequie non è mai di carattere privato, e questo lo afferma l’enciclica di Pio XII, Mediator Dei che è precedente al Concilio. Così come vorrei ricordare che la disciplina del 1917 era più restrittiva di quella attuale. Dunque i fatti hanno dato ulteriore ragione alla scelta. E ciò che è successo si sarebbe potuto evitare, se si fosse agito come suggerito dal Vicariato.
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