mercoledì 23 dicembre 2015
Monsignor Perego, direttore della Fondazione Migrantes in un bilancio di fine anno: ha invitato a «sconfiggere la paura che nasce dalla falsa correlazione tra terrorismo e islam, tra terrorismo e rifugiati». Ha ricordato anche che «l’accoglienza di 100.000 persone in 8.000 comuni italiani non può essere considerata un’invasione».
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«Un milione di persone che arrivano in un Continente, come l’Europa, di oltre 500 milioni di persone; un milione di giovani, che arrivano in un Continente dove oltre il 30% sono anziani, non possono essere considerati un popolo che ‘invade’: è semmai un popolo in cammino, che chiede protezione internazionale, un diritto su cui si fonda la democrazia europea; è una risorsa per rinnovare l’Europa». Il direttore generale della Fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo Perego in una sorta di bilancio di fine anno sulla sfida dell'accoglienza in Italia e in Europa, dove sono arrivate oltre 1 milione di persone migranti, che provengono da Paesi segnati da guerre, disastri ambientali e persecuzione politica e religiosa. È necessario il confronto con quello che è «un nuovo segno dei tempi con cui dobbiamo confrontarci» rappresentato dalle «persone in fuga: che hanno camminato in situazione di privazione, di violenza - ha proseguito monsignor Perego -; che hanno attraversato il Nostro Mare su barche insicure, al punto che oltre 3.700 hanno trovato la morte, tra cui almeno 730 bambini, anche neonati; che all’arrivo spesso hanno trovato non porte aperte, ma muri di filo spinato».

Nella sua analisi monsignor Perego ha ricordato quello che successe nel corso della Grande guerra e ha richiamato l'Europa intera ai suoi doveri: «Durante la Prima Guerra mondiale i profughi e i rifugiati in Europa furono oltre 12 milioni e ci fu una gara di solidarietà, anche nei nostri paesi e comunità, all’ospitalità e all’accoglienza. Certo, 1 milione di persone che arrivano non possono essere accolti solo da 5 dei 28 Stati Europei. Il 2015 è stato l’anno in cui, purtroppo, abbiamo dovuto constatare la debolezza degli Stati che formano l’Unione europea a garantire non solo sulla carta, ma nei fatti, la protezione internazionale». L’Italia, da parte sua, «impreparata fino al 2013 a tutelare un numero significativo di rifugiati (i posti negli Sprar erano solo 3.000, in pochi Comuni italiani) e ai richiedenti asilo (meno di 10mila posti nei Cara), ha intrapreso il cammino di un sistema asilo degno di una grande democrazia: i posti negli SPRAR sono diventati 20.000 (e nel prossimo anno dovrebbero arrivare a 30.000) e l’accoglienza straordinaria ha creato una rete di 100mila posti in 4mila strutture» ha spiegato il direttore generale di Fondazione Migrantes, sottolineando però che «anche per l’Italia vale lo stesso discorso dell’Europa: l’accoglienza di 100.000 persone in 8.000 comuni italiani non può essere considerata un’invasione».

È necessario «sconfiggere la paura che nasceva dalla falsa correlazione tra terrorismo e islam, tra terrorismo e rifugiati». E per riuscirci la Chiesa ha offerto una risposta ecclesiale nel segno della carità e della giustizia, ma anche un gesto concreto per provocare una risposta politica organica e diffusa a chi chiedeva protezione internazionale al nostro Paese. «La rete diffusa di accoglienza che si è creata nelle nostre diocesi e parrocchie italiane, conta oltre 27.000 persone accolte», e risponde «anche all’appello del Papa, che il 6 settembre scorso aveva invitato le parrocchie d’Europa a fare spazio all’accoglienza di una famiglia di richiedenti asilo e rifugiati».

«L’anno che si apre non può che essere all’insegna della pace e dell’accoglienza - ha concluso il direttore generale della Fondazione Migrantes -, continuando un cammino di accoglienza gioiosa nelle nostre comunità, secondo lo spirito del Vangelo vissuto nella Chiesa delle origini – come ricorda l’apologista Aristide di Atene (+140): “i cristiani se vedono uno straniero, lo conducono in casa e gioiscono con lui come con un fratello” (Apologia, 15,7) -. Un cammino di accoglienza rinnovato nel magistero del Concilio Vaticano II – “la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente, si premura di sollevarne l’indigenza, e in loro intende di servire a Cristo” (L. G. 8) – che l’Anno giubilare voluto da Papa Francesco intende trasformare in gesti concreti e quotidiani di misericordia».

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