martedì 17 luglio 2012
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L’ultimo colpo di piccone su una Procura già attraversata da profonde divisioni fa sentire tutto il suo vigore. Imbarazzi e dubbi vengono subito discussi durante un vertice convocato dal procuratore capo, Francesco Messineo, per dettare la linea da seguire dopo la notizia del conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica. Al termine però Messineo dichiara: «Siamo sereni. Tutte le norme messe a tutela del Presidente della Repubblica riguardo a una attività diretta a limitare le sue prerogative sono state rispettate. Ci troviamo in presenza di un’intercettazione occasionale, di un fatto imprevedibile che a mio parere sfugge alla normativa in esame. Non c’è stato alcun controllo sul Presidente della Repubblica».Una difesa formalmente piena dell’operato del suo ufficio e, in particolare, di quello del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, titolare di quell’inchiesta sulla trattativa fra Stato e mafia condotta coi sostituti Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Lia Sava, sulla quale però è già agli atti da tempo una profonda spaccatura. Da ultimo, a metà giugno, proprio Messineo non aveva apposto la sua firma all’avviso di conclusione dell’inchiesta ai 12 indagati, ufficialmente perché non titolare formale del fascicolo, mentre il sostituto Paolo Guido si era tirato fuori dall’inchiesta in evidente disaccordo. Secondo la procura, uomini dello Stato avrebbero raggiunto l’accordo coi boss per evitare altri danni alla collettività, impegnandosi a fare concessioni e ad assicurare una sorta di impunità e di salvacondotto a Bernardo Provenzano, «principale referente mafioso di tale trattativa». Tra gli indagati risultano l’ex ministro Calogero Mannino, gli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri.Un altro motivo di scontro in Procura, nelle scorse settimane, era stato fornito dall’arresto di Leo Sutera, ritenuto fedelissimo del superlatitante Matteo Messina Denaro. Il procuratore aggiunto Teresa Principato, che guida il gruppo che dà la caccia al padrino di Castelvetrano, ha scritto una e-mail ai colleghi della Dda, criticando la scelta del procuratore Francesco Messineo di dare il via libera al blitz.Ieri tuttavia Messineo ha manifestato la sua fiducia nel corretto operato dei magistrati. Non ha fatto il nome dell’ex ministro dell’Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, ma il riferimento è proprio alle intercettazioni che riguardano il politico, indagato nell’ambito della trattativa per falsa testimonianza. Per Messineo, l’iniziativa di Napolitano «non influirà in alcun modo sui tempi dell’inchiesta, ci regoleremo secondo i tempi e le modalità delle previsioni di legge». E sulla distruzione delle intercettazioni replica: «Il problema non è dove sono, ma se è legittimo poterle fare. In ogni caso a valutare la distruzione dei file sarà eventualmente il giudice per le indagini preliminari». Un vero e proprio "quadrato difensivo", insomma, che tuttavia non cancella mesi di contrasti, destinati a riaffacciarsi alla prima occasione.
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