mercoledì 16 ottobre 2013
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Le prime navi della nostra Marina sono già da ieri impegnate nell’operazione «Mare Nostrum». Alcune in questo specchio di mare del Canale di Sicilia c’erano da prima. Sono coordinate dal comandante in capo della squadra navale, l’ammiraglio Filippo Maria Foffi. Nel quartier generale di Santa Rosa, presso Roma, si è in piena attività. Sentiamo l’ammiraglio Foffi.Tra i compiti della nostra squadra navale c’è la tutela della vita umana in mare: come si traduce?Questa tutela si traduce in particolare nel soccorrere chi è in pericolo per questi traffici di esseri umani, gestiti da associazioni malavitose. Normalmente abbiamo in mare in  quella zona del Canale due o tre navi, ma dopo il tragico episodio di Lampedusa, in attesa delle decisioni del Governo, abbiamo rinforzato noi stessi la nostra presenza, senza attendere l’operazione avviata ieri. E non soltanto noi, ma anche la Finanza e la Guardia Costiera. La situazione era diventata acuta. Poi è arrivata la decisione del governo che si sta concretizzando in queste ore secondo le indicazioni del ministro Mauro.Tra i compiti della squadra navale c’è anche il controllo dei traffici illeciti. Cosa può fare la Marina?Quando si parla di immigrazione, la responsabilità è del ministero degli Interni che dispone di tutte le attività per reagire in conformità delle leggi nazionali e internazionali.Ma una nostra nave cosa fa quando si trova davanti a un barcone con cinquecento persone?Prima di tutto c’è la sorveglianza di tutto quanto avviene in mare. Prima che accadesse la tragedia erano in atto dispositivi e collaborazioni. La Marina italiana, come tutte le marine militari di altura, assicura una permanenza tutto l’anno con strumenti molto sofisticati che consentono di controllare tutti quelli che sono in mare, e non solo i barconi. È coordinata da terra da dove partono se necessario elicotteri e pattugliamenti aerei. Questa attività è chiamata «maritime situational awareness», sapere cioè quello che sta succedendo in mare.E quando è avvistata una barca di disperati?Si cerca l’attività migliore per assicurare con il minimo rischio per questa gente il loro salvataggio.La Marina Militare, insomma, è quella che arriva per prima...La nostra nave è infatti di supporto, la prima che può «ridossare»: in termini marinareschi, coprire al vento e alle onde questa imbarcazione. Nel frattempo arrivano imbarcazioni più piccole della Guardia Costiera o della Guardia di Finanza, oppure vengono messi a mare gommoni dalla nave militare stessa, e recuperati i profughi. Il ministro ha parlato infatti di impiego di una nave anfibia che ha questo compito specifico. Dunque il salvataggio è un’opera collettiva da parte di altre forze dello nostro Stato e di altri Paesi.Le nostre navi come si coordinano con le forze del Frontex?Questa organizzazione guarda i confini pattugliando dal mare e segnale le situazioni che richiedono un intervento. C’è una collaborazione molto importante. Non c’è un solo corpo che possa risolvere questi problemi. Si lavora insieme con tutte le informazioni messe a fattore comune. Si riesce così ad avere una chiara situazione in mare e si interviene con i mezzi più vicini.Il Disp (Dispositivo interministeriale di sorveglianza marittima), che ancora non c’è, può aiutare in tutto questo?È estremamente importante. Dal 2007 la marina ha creato i presupposti per ospitarlo e non per comandare questa attività che ricade sotto la responsabilità della Presidenza del Consiglio.Cosa succederà una volta che il Dism entrerà in funzione?Dinanzi a un atto specifico si individua immediatamente chi per legge nazionale è competente e quali sono invece gli altri attori che devono supportare il comandate competente per quell’evento. Riteniamo che sia un organismo importante che tutti i Paesi avanzati hanno già. Fino a poco tempo c’era una sorta di competizione, detto tra virgolette, tra i vari dipartimenti per essere responsabili del tutto e non del solo settore di propria competenza.
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