venerdì 29 marzo 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
I registri delle unioni civili sono «una forzatura priva di valore giuridico». Insomma, non hanno validità matrimoniale e, se non bastasse, contraddicono la nostra giurisprudenza, Codice civile e Carta costituzionale in primis. A spiegarlo è Giancarlo Cerrelli, vicepresidente nazionale dell’Unione giuristi cattolici italiani.Che valore hanno, allora, iniziative come quella di Genova e non solo?Esclusivamente simbolica, e con chiara matrice ideologica. Non si capisce, infatti, la necessità di simili registri, visto che le coppie di fatto godono già della maggior parte dei diritti previsti per le coppie sposate.Qual è l’obiettivo pratico, se i diritti li hanno già?Vivere in maniera del tutto "liquida" la loro unione, senza doversi assumere doveri nei confronti e della società. Doveri peraltro previsti dalla legge. Vogliono insomma poter ricevere la casa, i servizi sanitari e sociali e tutto quanto è previsto per le coppie sposate (civilmente o in chiesa), ma senza responsabilità alcuna.È curioso: persone che rifiutano di regolamentare in municipio la loro unione, pretendono poi un registro municipale...Il fatto è che il nostro ordinamento riconosce determinati privilegi alle coppie sposate proprio perché queste si assumono un impegno preciso con doveri reciproci, come prevedono Codice civile e Costituzione. In particolare il matrimonio civile o religioso impone l’assistenza morale e materiale reciproca, la collaborazione nell’interesse della famiglia, la coabitazione, il mantenimento dei figli, la loro istruzione ed educazione... Non si capisce perché lo Stato dovrebbe concedere diritti a persone che rifiutano tutti i relativi doveri.Sarebbe l’intera società a rimetterci?Una forma "liquida" di rapporto non solo consentirebbe di venir meno agli obblighi di solidarietà reciproca e generazionale (verso i figli o i genitori), ma sottrarrebbe paradossalmente risorse a chi invece compie il suo dovere nei confronti della società e dello Stato. Soprattutto in periodo di crisi, l’istituzione dei registri finirebbe quindi per impoverire le famiglie e beneficiare invece soggetti singoli, determinati cioè a convivere senza impegno alcuno e fino a quando gli va: basta un sms o una e-mail al Comune per comunicare al registro che la coppia non esiste più, senza obbligo alcuno verso l’ex convivente (nemmeno l’obbligo di avvisare anche lui/lei). Tutto questo renderebbe sempre più inconsistente la società. Inoltre mi chiedo chi sarebbe così "sciocco" da contrarre matrimonio quando si potrebbero pretendere vantaggi e risorse senza creare una famiglia né avere vincoli di fedeltà.C’è chi sostiene che basti l’"amore" tra due persone per accedere ai diritti.La legge non si basa sui dati emozionali, ma su quanto è giuridicamente rilevante e produce effetti ben precisi. Gli articoli del Codice civile che normano il matrimonio non misurano certo quanto amore c’è nella coppia, ma determinano con precisione tutto ciò che attiene ad obblighi e diritti concreti e verificabili. Allo stesso modo, la legge non ti prescrive di amare i figli, ma di mantenerli ed educarli. Per il bene loro e di tutta la società. Insomma, chi crede a questi Comuni e si iscrive nei cosiddetti registri ha in mano qualcosa di valido o un "mostro giuridico"?Al massimo i Comuni possono istituire "classifiche", non registri di "unioni": classifiche per accedere alle case popolari, per ottenere sussidi, trasporti, eventuali servizi sanitari, ma non un vincolo valido. E comunque tutto questo a svantaggio delle famiglie, quelle che si sono impegnate di fronte allo Stato.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: