martedì 26 novembre 2013
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La pesca "pirata" muove un giro d’affari mondiale che oscilla attorno ai 20 miliardi di dollari l’anno. La Commissione Europea stima che le importazioni di pesce fuorilegge nell’Ue siano pari a circa 1 miliardo di euro. La pesca di frodo, tecnicamente definita "Inn" (illegale, non dichiarata e non regolamentata) genera concorrenza sleale, danneggia le filiere locali e provoca l’impoverimento delle riserve ittiche. Dietro il business si nasconde spesso la mano della criminalità organizzata.Nel Mar Baltico la mafia russa controlla numerosi pescherecci dell’ex flotta mercantile sovietica, che pescano il merluzzo sfondando le quote prefissate (è il cosiddetto overfishing). Poi lo rivendono alle grandi compagnie occidentali, cui interessa solo pagare poco la materia prima, senza curarsi troppo della provenienza. La mafia indonesiana può contare su una flotta di oltre 60 barche che praticano la pesca illegale invadendo anche le acque australiane. Chi è al timone conosce in anticipo i movimenti dei guardacoste e sfugge alla loro caccia. Il bottino ittico frutta 3 miliardi di dollari all’anno. C’è anche un rischio per la sicurezza, visto che questi natanti sono stati spesso utilizzati per trasportare terroristi in Indonesia. Senza contare che gli equipaggi lavorano in condizioni di semischiavitù.Gli Oceani sono solcati da grandi pescherecci che sfruttano i fondali in modo indiscriminato. Spesso battono la bandiera di Stati compiacenti (Panama, Liberia), magari senza sbocchi al mare (Mongolia, persino Afghanistan), che non aderiscono ai trattati ed effettuano controlli solo in teoria. La pesca pirata priva i Paesi in via di sviluppo di preziose risorse economiche ed alimentari. Secondo Greenpeace, la Guinea perde 100 milioni di dollari l’anno per colpa delle grandi imbarcazioni che entrano nelle sue acque territoriali per "predare" pesce fresco. Spesso si tratta di "navi madre" che affiancano in mare aperto alcune piccole imbarcazioni locali e ne "risucchiano" il pescato senza nemmeno passare dai porti. Le coste dell’Africa occidentale sono sfruttate anche da enormi pescherecci europei e cinesi, noti come "monster boats". In settembre i pescatori della Mauritania hanno chiesto ai governi dell’area di mettere un freno all’overfishing, denunciando che una sola di queste navi preleva dal mare 400 tonnellate di pesce al giorno, pari al peso di 54 autobus. Gli stock ittici diventano sempre più scarsi e i pescatori locali finiscono in miseria.
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