lunedì 14 gennaio 2013
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​L’attenzione a chi viene da lontano appartiene al dna della parrocchia San Vito Martire di Brindisi: oltre al sostegno di missioni in America Latina e alla bottega del mondo che vende prodotti solidali, fin dallo storico sbarco di migliaia di albanesi nel ’91 i volontari hanno sostenuto i migranti arrivati nella loro città e nel loro quartiere Commenda. Grazie alla collaborazione con l’Ufficio Migrantes dell’arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, nei locali parrocchiali è stata allestita da 5 anni una scuola di alfabetizzazione con docenti volontari.

In molti si sono rimboccati le maniche, visto che dal lunedì al sabato per due ore (dalle 10 alle 12) i docenti danno lezioni di lingua italiana agli stranieri; l’insegnamento è strutturato in 3 livelli, in sinergia con il Centro territoriale permanente, per fornire ai frequentanti un attestato valido di frequenza. «Perché lo facciamo? Perché siamo consapevoli che ciascuno è portatore di ricchezza e costituisce pertanto un’opportunità di crescita per tutti. Perché crediamo che ogni persona abbia diritto a una vita dignitosa e umana, alla libertà di cercare la felicità. Perché la nostra vita e la nostra percezione delle cose sono cambiate da quando abbiamo cominciato a guardare il mondo dal punto di vista dell’altro», testimonia Sabina Bombacigno, portavoce del nutrito gruppo di volontari della Migrantes.Ma l’impegno non si ferma all’alfabetizzazione: gemellaggi con studenti di diverse scuole, corsi di pizzica, tornei di calcio e di cricket, con squadre "miste" di giovani brindisini e coetanei immigrati. Non solo: «Abbiamo fatto una bellissima esperienza di catechesi aperta a tutti: sia ai cristiani sia a chi ha espresso il desiderio di avvicinarsi alla nostra religione. La domenica alle 9,30 celebriamo la Messa con la lettura del Vangelo in inglese», racconta un’altra volontaria, Angela Giosa.Energie, entusiasmo, impegno gratuito da cui scaturiscono frutti concreti, come il fatto di «vedere diversi ragazzi passati da Brindisi trovare una piena realizzazione dei propri sogni e delle proprie aspettative di vita – riferisce Angela –. Come Alessandro, divenuto modello per la Benetton, Stephen che ora è un istruttore federale di badminton presso il circolo tennis, Chris che ha potuto ricongiungersi con la moglie e le sue gemelline di pochi mesi». E, ancora, Osadolor «che svolge felicemente il lavoro di badante e ha ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria; Simon che dopo 7 anni ha potuto riabbracciare sua moglie da cui ha avuto un bellissimo bambino di nome Arinze; Emanuel che ha ricevuto i tanto desiderati sacramenti dell’iniziazione cristiana…». Numerose le storie d’integrazione a lieto fine, dunque. Di tanti migranti che, sbarcati nel nostro Paese, «pur nella fatica e nella semplicità, hanno trovato una nuova vita, più dignitosa e umana».

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