lunedì 29 luglio 2013
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Trentacinque bare in sette file da cinque. La piccola palestra della scuola Aurigemma trasformata in obitorio. Dentro il silenzio assoluto, accompagnato dal meccanico soffio dei condizionatori portabili ritrovati qua e la dal comune di Monteforte.Fuori una ressa senza pretese. Figli, fratelli e nipoti che supplicano gli agenti per un altro minuto di intimità con le mamme e i papà annientati da un volo di trenta metri. Ma non hanno la forza di chiedere due volte. Di fronte al rifiuto, gentile e necessario, tornano a testa bassa nei pochi angoli di ombra disponibili. Meglio tenerla bassa, la testa, perché anche dalla scuola si vede a occhio nudo l'altissimo viadotto della Bari-Napoli.Intorno, un'intera cittá, una comunitá semplice dell'Irpinia, che gli fa da scudo contro l'idiozia delle telecamere a caccia di lacrime. Da Monteforte e dai paesi limitrofi arrivano volontari, psicologi, cuochi. Il direttore della scuola richiama l'intero personale in servizio. Solo con loro parlano i familiari delle vittime, solo da loro si lasciano consolare. E dal vescovo di Pozzuoli, Gennaro Pascariello, che li saluta uno ad uno. É stato lui, insieme al vescovo di Avellino e a quello di Nola, a benedire le salme per l'ultimo saluto. Una scena raggelante e simbolica. Tre uomini con la croce, silenziosi e stanchi per una notte insonne, davanti a trentacinque bare di cui si sente, come una voce nella coscienza, l'ultimo grido prima dello schianto.
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