sabato 11 gennaio 2014
​«Così i clan controllano le sale-gioco». Lombardia nuovo Eldorado.
Il sociologo: «Le slot minano l'economia»
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Dieci concessionari e quattromila noleggiatori per un business da 400mila macchinette che ingurgitano quasi 90miliardi di euro all’anno. Cifre dietro alle quali si nasconde un mercato selvaggio, di concorrenza sleale, combattuta a colpi di minacce e intimidazioni. Perché tocca agli installatori gettarsi nella mischia, avendo a che fare con gli esercenti da convincere con le buone, e talvolta con le cattive, a invadere i locali pubblici con i totem che promettono una cascata di euro.Stavolta non si tratta di raccontare come il demone della scommessa riduca in stracci vite in apparenza ordinarie. Stavolta è una questione di boss, di scagnozzi pronti a picchiare, di delinquenti che dentro al far west dell’azzardo si sentono come invitati a una festa.Se il "monopolio" nella concessione dei giochi spetta all’Agenzia dei Monopoli di Stato, in alcune aree il controllo è pressoché esclusivamente in mano ai criminali. I concessionari a quanto pare, non si accorgono di nulla. Del resto la legge non assegna loro alcun compito di controllo e selezione dei noleggiatori. Basta che siano iscritti all’albo ufficiale. La parte romana delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza sui tentativi di conquista della camorra, ha consentito di scoprire come nella borgata di Acilia il clan dei Casalesi fosse riuscito ad accaparrarsi la gestione del dell’installazione, distribuzione e noleggio delle slot machine e delle ricevitorie. Dalle indagini è emerso che il gruppo romano, per mantenere ed estendere il proprio potere criminale ed economico, si è avvalso di una nutrita schiera di scagnozzi albanesi, incaricati di persuadere con le cattive i commercianti riottosi. Nel 2003 Mario Iovine, pregiudicato vicino ai Casalesi conosciuto con il soprannome di Rififì, si era trasferito ad Acilia dove, secondo l’ipotesi accusatoria, aveva creato grazie a prestanome del posto una società regolarmente iscritta all’albo dei noleggiatori e degli installatori, sbaragliando in poche settimane la concorrenza in tutta la zona. Nel 2008 Rififì dovette tornare in cella, ma questo non ha impedito ai suoi familiari di continuare a noleggiare macchine mangiasoldi.L’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, consegnata al ministro Alfano lo scorso 5 dicembre, ricorda che «il gioco d’azzardo si è rivelato come una delle principali fonti di profitto per i clan camorristici che dimostrano una spiccata propensione ad utilizzare tecniche complesse per controllare sale giochi, scommesse e slot machine». La Lombardia, però, è il vero Eldorado dei novelli capicosca. Milano è la provincia nella quale si rastrellano più giocate: circa 5,9 miliardi nel 2013. E anche le stime della spesa pro capite vede la regione ai vertici di questa poco invidiabile graduatoria: Pavia con tremila euro per abitante, seguita da Como che sfiora i duemila euro.Non c’è da sorprendersi, allora, se la procura antimafia milanese ha accertato che il clan di ’ndrangheta Valle-Lampada, celandosi dietro a quattro regolari società di noleggio aveva collocato slot-machine e videopoker in un centinaio di locali della sola Milano. Le 347 macchinette permettevano incassi tra i 25mila e i 50mila euro al giorno.
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