martedì 14 agosto 2012
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​«In questa drammatica vicenda non esiste una soluzione automatica. Non c’è una ricetta. Da quando guido la Chiesa di Taranto ho toccato il dolore di chi si è ammalato a causa dell’inquinamento. E quello di chi vive con l’incubo di non portare più il pane a casa. Ma se non esiste una ricetta esiste il dovere di intraprendere una via che, a costo di sacrifici, persegua il bene comune».La via a cui pensa l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, è quella di «una bonifica rigorosa e immediata» dello stabilimento Ilva «senza ricorrere allo stop della produzione». Anche nella settimana di Ferragosto, il presule è lì, al suo posto, in curia. I campi di lavoro e di formazione già programmati da mesi possono attendere. Santoro preferisce seguire ora dopo ora le novità sull’Ilva, parlando con i sindacati, con i rappresentanti istituzionali, con l’azienda, perché questo «è il problema che ha priorità su tutti gli altri».In questa vicenda l’arcidiocesi di Taranto è in "prima linea". Che cosa si aspetta di ottenere?Sono a Taranto dal 5 gennaio. Da pastore, ho avvertito subito come una ferita grave il nodo "occupazione-salute-ambiente". Il Signore si mette dalla parte di chi è ferito. Negli corsie dei reparti onco-ematologici dell’Ospedale Moscati, come nelle mense degli operai. Ho celebrato Messe e guidato fiaccolate. Sono stati momenti che hanno creato unità, smussato divisioni, che hanno sollecitato un impegno finalizzato a un cammino comune.È il risultato che voleva?Ciò che a me sta a cuore è che si superi il frazionamento e si favorisca una concertazione tra tutti gli attori in campo.Uno sciopero indetto dagli operai, e uno studio, autorevole, sull’aumento dei tumori: queste le ultime notizie sull’Ilva. Lavoro o salute. Comunque la si giri, questa vicenda sembra avere due priorità inconciliabili.Non è proprio così. Il primo aspetto che sottolineo è la difesa della salute e della vita. I risultati dell’opera della magistratura hanno segnato un punto di non ritorno. La salute dei cittadini non può essere ulteriormente minacciata. Anch’io abito poco distante dall’Ilva e ogni giorno avverto gli effetti dell’inquinamento. Ma la difesa della vita è anche altro.Vuol dire che l’occupazione sta sullo stesso piano?Come sottolinea la Dottrina sociale della Chiesa, la difesa della vita non è solo difesa dalle malattie. La vita si realizza nel lavoro. Perciò va condiviso l’altro possibile scenario di questo dramma: quello della disoccupazione.Come salvaguardare allora i posti di lavoro senza arrecare danni alla salute degli operai e dei cittadini?Vedo molto positivamente la decisione del governo di inviare tre ministri qui a Taranto venerdì. È il momento di dare una svolta. Di presentare un’agenda rigorosa e rapida per avviare le bonifiche degli impianti senza impedire la prosecuzione dell’attività industriale. È questa l’unica chiave. Del resto mi sembra che i fondi necessari siano stati reperiti anche grazie all’aiuto dello Stato a cui si devono i danni maggiori dell’inquinamento. Mi riferisco ai 30 anni in cui lo stabilimento era pubblico.È fiducioso? Siamo davvero davanti a una svolta?Se Taranto diventa una questione nazionale, se saprà coinvolgere tutte le forze in campo con la finalità del bene comune, ce la farà. Rinnovo l’invito alla preghiera, alla speranza ma anche all’azione!
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