sabato 23 luglio 2016
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Un coro. Verrebbe sancita «una sorta di resa» con il ddl sulla legalizzazione della cannabis, secondo la 'Federazione delle comunità terapeutiche' (Fict). Mentre per San Patrignano il testo di legge attualmente in discussione a Montecitorio «ha l’unico scopo di risolvere un problema di ordine economico» e «portare nuovi soldi nelle casse di uno Stato in sofferenza». Resa, per altro – sempre secondo la Fict – nella cui direzione «pare andare anche l’assunto per il quale l’opzione antiproibizionista porterebbe ad una dimostrabile efficienza sul piano fiscale ed effetti positivi sul piano sociale e sanitario grazie al controllo delle sostanze vendute».

 

L’uso di cannabis «espone le persone a rischi elevatissimi sulla salute mentale e fisica », ricordava il presidente del 'Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi' (Ceis), Roberto Mineo, nella relazione presentata alla Commissione Affari sociali della Camera. E per Giovanni Ramonda, responsabile generale dell’'Associazione comunità Papa Giovanni XXIII' (che fondò don Oreste Benzi), è «incredibile che di fronte a giovani che chiedono opportunità abitative, di studio e di lavoro per costruirsi un futuro, i nostri parlamentari si trovino uniti nel rendere legale l’uso di droghe». Un coro, insomma.

 

Che arriva senza stecche da chi dei più giovani si occupa. «Siamo impegnati da oltre trent’anni nella lotta alle dipendenze e agli stili di vita ad esse sottese – spiega la Fict – e non possiamo che affermare, senza incorrere nell’incoerenza morale, che l’utilizzo della cannabis, così come di altre sostanze legali ed illegali che creano dipendenza, sia un disvalore». Tanto più che il consumo di cannabis verrebbe ad «assumere connotazioni valoriali socialmente accettate a fronte di una più che probabile incidenza diffusiva di uno stile di vita che non ha riguardo alla persona come portatrice di risorse relazionali ed al suo benessere psicofisico ».

 

Così lo Stato – evidenzia poi la comunità riminese di San Patrignano – deve avere ben altre priorità, interessandosi alla disoccupazione giovanile, all’integrazione, alla sicurezza, ai trasporti, senza mai dimenticarsi il suo ruolo educativo». E «non abbandonare i giovani a loro stessi, ridicolizzando i rischi di una sostanza stupefacente ». Nei dettagli scende Mineo: per quanto riguarda i giovani, “gli effetti sono davvero devastanti» ed «esiste una correlazione diretta tra uso di cannabis e sviluppo di patologie psichiatriche. Si facilita enormemente, inoltre, l’ingresso in dinamiche di dipendenza.

 

Le evidenze dimostrano anche la correlazione diretta tra uso di cannabis e performance scolastiche, abilità sociali e cognitive, conseguimento di titoli scolastici». Morale, «pensare di controllare l’uso di droghe legalizzandolo è un’assurdità – spiega ancora Ramonda –. Proporre che lo Stato legalizzi e magari tragga profitto dall’uso di droghe per poi finanziare percorsi di recupero è perversione ideologica». E poi la stessa esperienza con il gioco d’azzardo «ci indica che le dipendenze aumentano e i costi sociali sono altissimi». Infine le parole di don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, messe nere su bianco nel sito della comunità: «Noi, dovendo aiutare i figli di molti tra quelli che in questi giorni stanno alimentando la campagna pro cannabis, ribadiamo ancora una volta, pur sapendo di non essere capiti, nemmeno da certi nostri colleghi, che la rovina dei nostri figli e di molte famiglie, è partita dallo spinello, dalla cannabis, e ultimamente dall’alcool, tracannato allegramente già dalle ragazze delle scuole medie inferiori».

 

E ancora: «Convinti che questa legge banale e ignorante, passerà proprio perché tale, continuiamo il nostro mestiere tra difficoltà economiche sempre più pesanti e incomprensioni politiche, così retrograde, da esaurire ancora dentro il tema sanitario un fenomeno passato ben oltre». Perché – conclude don Mazzi – «noi lo chiamiamo disagio e insistiamo nell’esigere attenzione non solo terapeutica, ma anche educativa, sociale, sportiva».

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