giovedì 15 ottobre 2015
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Ci hanno lavorato per anni: prima la petizione promossa dalla Gabbianella, poi nel 2012 un documento intitolato 'La tutela della continuità degli affetti dei minori affidati'. A firmarlo, le più autorevoli e stimate associazioni che hanno fatto dell’affido dei bambini in difficoltà la loro missione, da Cnca ad Anfaa, da Associazione Giovanni XXIII a Famiglie per l’accoglienza. Ieri quel progetto è diventato legge. Quattro articoli appena per una rivoluzione, che non è (o perlomeno non è solo) la possibilità data ai genitori affidatari di legittimare come figlio, in presenza dei requisiti, il bambino che divenga adottabile nel corso dell’affido. Questa è certamente una novità positiva, che «premia» la generosità di tante famiglie. Ma la rivoluzione non è (solo) questa.  L’asse portante della riforma è che i Tribunali devono garantire sempre la «continuità affettiva » dei bambini in difficoltà affidati a famiglie di supporto. A essere garantiti non sono dunque solo i minori che grazie a questa legge verranno adottati dai loro genitori- bis. Ad avvantaggiarsene saranno anche e soprattutto quelli che non resteranno nella casa in cui sono cresciuti per un tempo più o meno lungo: quella casa per loro non sarà mai cancellata, resterà sempre un luogo di relazioni forti. In molti casi questo già succedeva, in altri, troppi, no. Qualche Tribunale applicava il contrario, e cioè la pratica della 'decantazione affettiva': nel passaggio obbligato da una famiglia a un’altra, o nel ritorno alla famiglia di origine, si prevedeva un periodo in comunità, in modo che il bambino potesse 'staccarsi' per poi ripartire con altri affetti, un’altra vita. Una pratica devastante, che trasformava i bambini in pacchi postali e che d’ora in poi non potrà più accadere. Si è detto che la riforma crea disparità tra le coppie, che potranno adottare i figli affidatari perché in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge (sposati, abbastanza giovani...), e i single, ai quali l’adozione resta preclusa. È una critica pretestuosa, che nasconde in molti casi altri intenti, tra cui quello del tutto improprio di arrivare a una modifica della stessa legge sull’adozione, con l’apertura ai singoli e di rimando alle coppie omosessuali. Ma l’affido non può essere un cavallo di Troia per altri scopi: non lo merita. Pretestuosa, ancora, perché i casi in cui i bambini vengono dichiarati adottabili in corso di affido sono davvero pochi. Pretestuosa, infine, perché proprio lo spirito della legge, il suo asse portante, è la continuità affettiva: chi ha cresciuto un bambino in un momento difficile della vita, sia anche un single o una coppia già anziana, non sarà escluso dal suo futuro. E comunque rimangono in vigore tutti gli altri istituti, compreso quello dell’adozione in casi particolari. Saranno i giudici a valutare, e si spera che, investiti da simili responsabilità, lo facciano considerando quello che è al centro, l’interesse superiore del minore. Si è detto che la possibilità di adottare altera e tradisce lo spirito gratuito e solidaristico che è connaturato all’affido fin dalla sua istituzione. È una preoccupazione infondata: le associazioni e gli operatori che si occupano di affido sanno che le famiglie che vi si accostano hanno motivazioni diverse dal legittimo 'desiderio di un figlio' presente invece nel percorso adottivo: sanno di essere «famiglie in più», «famiglie complementari», «famiglie a tempo». Ora hanno anche una certezza, abbiano o meno i requisiti per una eventuale adozione: non usciranno mai dalla vita dei bambini ai quali hanno provato ad aggiustare le ali.
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