sabato 17 ottobre 2015
La Caritas: rimpatrio immediato per chi arriva dall'Africa sub-sahariana.
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Ora l'Italia respinge, hotspot nel mirino
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Ahmed è arrivato all’hotspot Lampedusa nella serata di martedì 6 ottobre. Il giorno dopo, si trovava già sulla nave diretta a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, dove è sbarcato nel pomeriggio. Alle 22 aveva già in mano un foglio della Questura con un provvedimento di 'respingimento con accompagnamento alla frontiera', che gli ordinava di lasciare l’Italia entro sette giorni. L’unica indicazione che Ahmed ha ricevuto è stata quella di raggiungere l’aeroporto romano di Fiumicino per ritornare in Costa d’Avorio. «In questi giorni abbiamo incontrato una trentina di persone arrivate assieme ad Ahmed – racconta Valerio Landri della Caritas diocesana di Agrigento – tutti hanno raccontato la stessa vicenda. Una volta arrivati a Lampedusa hanno sostenuto un colloquio sommario in cui hanno fornito le loro generalità, hanno preso loro le impronte e sono stati fotosegnalati. Ma non hanno ricevuto nessun tipo di informazione sui loro diritti o sulla possibilità di richiedere asilo». Inoltre, non avrebbero nemmeno incontrato gli operatori delle organizzazioni umanitarie. Nelle ultime settimane, situazioni di questo tipo sono state riscontrate in diverse zone della Sicilia. Medici Senza Frontiere, che opera all’interno del Centro di primo soccorso e accoglienza di Pozzallo (Siracusa) denuncia come «oltre cento persone sono state espulse dal Cpsa. Tra loro donne, anche incinte e minori», spiega il capo-missione Stefano Di Carlo. Lo stesso avviene a Catania dove l’associazione Borderline Sicilia avrebbe intercettato un’ottantina di persone e a Siracusa dove l’avvocato Carla Trommino, referente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha raccolto 105 casi dal 26 settembre a oggi. Uomini e donne che vengono letteralmente lasciati per strada, assistiti solo dalle associazioni e dalle Caritas locali. La macchina degli hotspot, voluti dall’Unione europea per gestire i flussi migratori in arrivo dalla sponda sud del Mediterraneo, parte dunque tra molte perplessità. Una situazione che preoccupa Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana. «Sappiamo che molti migranti, soprattutto quelli provenienti dai Paesi dell’Africa sub-sahariana, ricevono il foglio di via appena giunti a terra, senza aver avuto la possibilità di presentare una richiesta di protezione internazionale». Ed è proprio la selezione su base 'nazionale' a preoccupare. Lo scopo degli hotspot è quello di separare i richiedenti asilo (che hanno diritto al ricollocamento in base a quanto previsto dagli accordi europei) da chi non ha diritto alla protezione internazionale. Nella prima categoria sono iscritti siriani, eritrei e iracheni, ma i criteri con cui riconoscere i secondi non sono chiari. «Le richieste d’asilo devono essere valutate singolarmente, sulla base delle vicende individuali, e non su base nazionale – aggiunge Oliviero Forti –. Inoltre chiediamo al governo di sospendere la prassi che abbiamo registrato in questi giorni di respingimenti su base nazionale, che sta producendo irregolarità e confusione nei territori». Una preoccupazione condivisa dal Centro Astalli, che sottolinea come, per decidere chi è un 'vero rifugiato' non basta chiedere a chi sbarca, frettolosamente, da dove viene. «Chiediamo che i potenziali richiedenti asilo siano trattati tutti allo stesso modo e abbiano diritto a presentare domanda d’asilo indipendentemente dalla loro provenienza », sottolinea il presidente padre Camillo Ripamonti. Inoltre, la breve permanenza negli hotspot (48 ore al massimo) rende difficile tutelare soggetti deboli come minori e vittime di tratta. «Le donne nigeriane, che sono ad altissimo rischio, non sono facilmente identificabili», commenta Fulvio Vassallo Paelologo, docente presso l’università di Palermo. Un altro episodio preoccupante riguarda il trasferimento immediato, a poche ore dallo sbarco, verso il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte Galeria a Roma di un gruppo di 66 donne nigeriane avvenuto a fine luglio. Una ventina di loro, malgrado avesse presentato domanda di asilo politico, è già stata rimpatriata in due diversi voli tra il 17 settembre e il 15 agosto. «I rimpatri avvengono in tempi molto stretti e questo è estremamente preoccupante perché non dà il tempo di intervenire per arrestare questi provvedimenti», commenta Gabriella Guido, coordinatrice della campagna 'LasciateCientrare' che subito è intervenuta per tutelare queste donne. Nemmeno il ricorso presentato alla Corte europea per i diritti dell’uomo ha sortito effetto. «Attraverso il sistema degli hotspot l’Italia deve dimostrare all’Europa che è in grado di gestire i migranti – conclude Gabriella Guido –. E queste sono le prove generali».
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