venerdì 4 dicembre 2015
​Magistrati e giuristi a confronto a Milano: il ddl Cirinnà è confuso. E sui minori solo pretese ideologiche. DOSSIER
LA SCHEDA I 6 buoni motivi per rifare tutto
INTERVISTA Danovi: non parliamo di adozioni
Chiti-Tarquinio, dialogo sulle unioni gay
COMMENTA E CONDIVIDI
L’urgenza non rinviabile di legiferare sulle unioni omosessuali è un dato di base che nessuno di loro contesta. Ma è sulle modalità proposte dal disegno di legge Cirinnà che cominciano i problemi. E quando magistrati, giuristi e avvocati di primissimo piano mettono in fila incongruenze giuridiche, contraddizioni, confusioni e addirittura profili di incostituzionalità vuol dire proprio che si tratta di un testo normativo tutto da rivedere. La 'sentenza', senza appello, è stata pronunciata l’altra sera nell’Aula magna del Palazzo di Giustizia di Milano. L’occasione un convegno, 'Le unioni civili - la stepchild adoption', organizzato dal Centro per la riforma del diritto di famiglia. Due le grandi questioni poste dagli esperti. Innanzi tutto il mancato rispetto del 'preminente interesse' del minore da parte del disegno di legge sulle unioni civili. E poi la confusione tra il provvedimento presentato in Senato lo scorso 6 ottobre e gli articoli del Codice civile che riguardano il matrimonio.  Una sorta di 'copia incolla' che contraddice non solo la ragionevolezza della legge, ma le indicazioni contenute nella sentenza 170/2014 della Corte costituzionale che, sollecitando il Parlamento a legiferare sul problema, aveva però spiegato che le unioni omosessuali 'non sono omogenee' al matrimonio. Un caldo invito a girare al largo dagli articoli 29 e 30 della Costituzione – quelli appunto che parlano di famiglia fondata sul matrimonio – per concentrarsi sull’articolo 2 che garantisce «i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali». Invece il disegno Cirinnà fa esattamente l’opposto e rischia così, ancora prima di essere approvato, di contraddire il dettato della Carta.  L’altra sera – dopo gli interventi del presidente della Sezione Famiglia e Minori della Corte d’Appello di Milano, Bianca La Monica del presidente del Tribunale, Roberto Bichi e del presidente dell’ordine degli avvocati, Remo Danovi – l’ha spiegato con chiarezza Ferruccio Tommaseo, ordinario di Diritto processuale civile all’Università di Verona.LE INCONGRUENZE DEL SIMIL-MATRIMONIO Il docente ha spiegato, articolo dopo articolo, come la nuova stesura del disegno di legge abbia cancellato quasi tutti i riferimenti espliciti al matrimonio, ma come siano invece rimasti tutti i rimandi agli stessi articoli del codice civile che regola il matrimonio stesso. Manovra subdola e allo stesso tempo ingenua, che può ingannare i non addetti ai lavori, ma non magistrati e giuristi.  A rincarare la dose è arrivata la riflessione di Gloria Servetti, presidente della IX sezione civile del Tribunale di Milano, specializzata nel diritto di famiglia. Nello sforzo di equiparare in modo quasi sovrapponibile matrimonio e unioni civili – ha fatto notare l’esperta – il legislatore è stato addirittura troppo zelante. Al punto 1 dell’articolo 3 si parla per esempio di 'obbligo alla coabitazione', ignorando che già la Riforma del diritto di famiglia del 1975 aveva lasciato piena libertà ai coniugi di fissare la loro residenza in luoghi diversi. «Sorprendente» poi, secondo lo stesso magistrato, il fatto che per sciogliere il rapporto normato dalle unioni civile si faccia riferimento, in modo confuso, alla stessa disciplina della separazione e del divorzio. «Leggi pensate per sciogliere un vincolo matrimoniale, non certo una dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile». Anche in questo caso la preoccupazione tutta ideologica di inventare un simil-matrimonio ha finito per giocare ai proponenti del disegno di un brutto scherzo. Pure gli aspetti patrimoniali, ricalcati anche in questo caso da quelli che regolano i rap- porti coniugali, rischiano di risultare così rigorosi da aprire la strada ad una serie infinita di contenziosi. VIETATO SPERIMENTARE SUI MINORI Ancora più confusa e rischiosa, soprattutto per il benessere dei minori coinvolti, la parte riguardante la cosiddetta ' stepchild adoption'. «Rimane un’adozione 'non legittimante' – ha spiegato Tommaseo – e questo significa che il genitore biologico rimane il partner o la partner di colui o di colei che è stata lasciato/a da chi è andato a formare la nuova coppia. Questo di fatto assegna al minore tre 'genitori' con complicazioni facilmente prevedibili sul piano educativo soprattutto per quanto riguarda le decisioni da prendere. Il 'terzo' genitore, che rimane quello legittimo, ricorrendo al giudice, potrebbe facilmente vedersi riconosciute tutte le richieste. Ma con quali conseguenze per quel povero bambino conteso? «Se la legge non fa menzione della possibilità per i 'coniugi gay' di arrivare all’adozione legittimante – ha fatto notare il docente – sembrerebbe voler dire che il legislatore ha escluso questa ipotesi per soddisfare il superiore interesse del minore. Ma poi questa possibilità rientra come 'non legittimante' con la modifica dell’articolo 44 della legge adozione. Una scelta che, non solo sembra contraddire il principio di ragionevolezza, ma introduce una sorta di sperimentazione giuridica sulla testa dei minori coinvolti». Una sola considerazione possibile: inaccettabile.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: