martedì 31 marzo 2015
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La mattina del 27 febbraio gli abitanti di Casal di Principe e Casapesenna sono stati svegliati dalle ruspe dei Vigili del fuoco che stavano scavando lungo alcune strade per conto della Dda di Napoli. Obiettivo accertare la qualità dei lavori di metanizzazione nei due paesi casertani, eseguiti dalla Cpl Concordia. Lì, e in altri cinque Comuni della zona. Paesi cuore del potere camorristico, col quale la cooperativa avrebbe stretto un accordo. Al punto che l’ex presidente della cooperativa emiliana, Roberto Cesari, arrestato ieri, è indagato anche per concorso esterno in associazione mafiosa.  Tutto è partito dalle rivelazioni del boss dei 'casalesi' Antonio Iovine ’o Ninno.  Il 13 maggio 2014, pochi giorni dopo la sua decisione di collaborare con la giustizia, nel carcere dell’Aquila, descrisse proprio l’affare della metanizzazione. Prima un discorso generale. «Devo dire che noi abbiamo trovato terreno fertile con le imprese anche grandi che venivano da fuori zona e prendeva appalti». Poi entra nel merito del metano. «Quando ci siamo presentati a trattare con la Concordia per la realizzazione della rete del gas, abbiamo trovato facilmente un accordo nell’interesse di tutti. Dico – e qui è il passaggio più grave – che la Concordia poteva scegliere di denunciarci oppure poteva rinunciare a quell’appalto per non scendere a compromessi con la camorra. La S.V. mi fa notare – prosegue il boss – che questa mia affermazione però non tiene conto delle conseguenze di queste eventuali scelte. Mi chiede cosa sarebbe accaduto se la Concordia avesse deciso di non accettare quell’accordo e di denunciare alle forze di polizia la nostra richiesta di subappalti. Le rispondo che non c’è dubbio che il clan avrebbe reagito male sia bloccando i cantieri sia provando a intervenire sui sindaci». Ma non successe niente. E i subappalti vennero divisi equamente tra imprenditori di riferimento delle varie 'famiglie' del clan. Così lì ha indicati sempre Iovine in un altro interrogatorio, questa volta in tribunale a Santa Maria Capua Vetere. «Ci fu un accordo con la Concordia, poi decidemmo i subappalti. A Casale e a Villa Literno per il subappalto c’era Claudio Schiavone, a Casapesenna e a Villa di Briano, Antonio Piccolo, a San Cipriano Pietro Pirozzi e a Frignano Di Tella. Io mi accordai con Di Tella per 10 euro al metro per un guadagno di circa 300mila euro». Imprenditori molto 'chiacchierati'. In particolare Di Tella, arrestato per la ricostruzione dell’Aquila, e Piccolo che, sempre secondo Iovine, «ha iniziato un discorso con Michele Zagaria mettendo a disposizione tutto il subappalto di questi Comuni». Lavori che si sospetta non siano stati eseguiti secondo le norme. E infatti gli scavi avrebbero accertato che le tubatura invece che alla profondità di 60 centimetri erano a 30, con evidente rischio. Un’inchiesta ancora aperta (gli imprenditori non risultano indagati). E proprio sui rapporti tra gas e camorra l’ordinanza di ieri su Ischia è piena di omissis.  Ma ora Concordia prende le distanze dal 'sistema'. In una lettera al sindaco di Casapesenna del 23 febbraio comunica di aver «recentemente istituito un Albo fornitori a cui attingere per invitare le imprese qualificate alle procedure di evidenza pubblica che verranno indette per l’affidamento dei lavori». Vuole evitare condizionamenti ora che i boss sono in carcere? Ma non tocca solo a loro. «È mai possibile – è l’accusa di Iovine – che un sindaco non sapesse l’appalto a chi andava? È tutta una connivenza».
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