sabato 3 gennaio 2015
​La testimonianza: anche oggi una solidarietà spontanea con chi ha sofferto.
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La tragedia del traghetto Norman Atlantic ha scosso la città di Brindisi e l’ha riportata indietro negli anni. Al 1991. Nel marzo di quell’anno sbarcarono nel nostro porto circa ventimila cittadini albanesi. Allora come oggi il coinvolgimento emotivo e la sensazione di condividere un destino comune furono immediati, così come la mobilitazione popolare per offrire un rifugio ai migranti. Il giorno di Capodanno abbiamo avuto la certezza che lo spirito è rimasto lo stesso: lo hanno dimostrato le istituzioni civili, militari e religiose che si sono subito messe in moto per risolvere il disastro del traghetto in fiamme, ma lo hanno dimostrato soprattutto i brindisini. In questo caso non era necessario aprire case e parrocchie, ma testimoniare il cordoglio e la vicinanza a chi aveva perso i familiari o affrontato in mare un autentico calvario di paura.
Come ha ricordato il direttore sanitario dell’ospedale di Brindisi, Antonio Piro, «la cittadinanza brindisina è sempre stata pronta a fronteggiare le emergenze sociali. Il caso del Norman Atlantic ha interessato soprattutto le istituzioni. A livello sanitario il personale della nave San Giorgio ha soccorso i superstiti e da noi in ospedale sono giunti una trentina di loro, ma non è mancato l’interesse dei cittadini e la premura del personale medico per eliminare ogni disagio». 
 
Nel giorno di Maria Santissima Madre di Dio abbiamo avuto una conferma di queste parole in Cattedrale, dove è stata celebrata la Messa per la pace, nel corso della quale si è pregato espressamente per affidare al Signore le vittime, le loro famiglie e i superstiti, perché in Dio possano trovare tutti pace. Poco prima, l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni, monsignor Domenico Caliandro, aveva offerto alcune strutture diocesane per accogliere i superstiti, assicurando poi la vicinanza e la preghiera. Il parroco del duomo, don Adriano Miglietta, ha ricordato a ogni Messa i defunti di questa tragedia e le loro famiglie e i superstiti: la Cattedrale si affaccia sul porto di Brindisi «e come cristiani vogliamo essere protagonisti e portatori di speranza anche in questo momento triste», ha detto durante le celebrazioni don Adriano. 
 
Quello che è successo a Brindisi sarebbe successo certamente altrove, in Puglia e non solo in Puglia. Ma nella nostra città ha avuto le caratteristiche di un’esperienza antica che si riaffaccia dalla memoria e continua a interpellarci, oggi come ventiquattro anni fa, sul senso cristiano del dolore e della comunità. L’esperienza del 1991 ha lasciato il segno e quella del 2014 lascerà il proprio. I brindisini hanno rinunciato alle feste pubbliche della notte di San Silvestro, in segno di solidarietà con chi stava soffrendo. Non è mancato chi, come una giovane coppia di sposi, è stata notata tra i giornalisti a Costa Morena, dove ha attraccato la nave San Giorgio, della Marina Militare: non erano là per raccogliere notizie ma per accogliere i superstiti. «Faceva freddo e il vento era molto fastidioso – hanno raccontato Francesca Flore Schina e Francesco Pandolfi – ma abbiamo atteso insieme ad alcuni nostri amici pronti ad accogliere qualcuno che non aveva nessun parente o che avesse bisogno di aiuto. Così avevano fatto i nostri familiari quando erano arrivati i profughi albanesi, accogliendo in casa alcuni di loro. Oggi non c’è stato bisogno di questo, ma per noi era importante esserci». È solo un esempio del cuore dei brindisini, che batte anche per gli ultimi ed anche senza la 'copertura mediatica' di questi giorni. Tra qualche giorno sarà definitivamente chiusa l’emergenza del traghetto, ma resterà apertissima quella dei senzatetto che vivono – anche in questo rigido inverno – nei pressi della stazione ferroviaria. Anche loro sono naufraghi da soccorrere.
* sacerdote arcidiocesi di Brindisi-Ostuni
 
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