sabato 18 aprile 2015
Parlano i testimoni della mattanza di cristiani, gettati in mare per la loro fede. Anche gli ustionati costretti a imbarcarsi
«Sul barcone in 500, pregavamo tutti»
Galantino: l'Europa fa troppo poco
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Fra i migranti saliti sul "gommone  dell’odio", c’è chi aveva investito anni di lavoro duro per pagare la traversata agli scafisti, con l’intento di fuggire da guerre e persecuzioni ma senza immaginare che quell’incubo sarebbe riapparso nel Mediterraneo. Nelle dichiarazioni dei sopravvissuti si parla di «800 dinari libici» (circa 540 euro) chiesti al ghanese Augustin K., di 700 pagati da Jamal O. fino ai 150 (circa 100 euro) versati ai trafficanti da Francis E. e da Lambert A. prima di togliere gli ormeggi. Sono proprio le loro testimonianze, insieme a quelle di altri due sopravvissuti, ad accusare i 15 fermati di religione musulmana (14 adulti e un minore, originari di Mali, Senegal, Costa d’Avorio e Guinea Bissau), accusati di «omicidio plurimo, aggravato dall’odio religioso», per aver fatto annegare domenica sera altri fra 9 e 12 migranti nigeriani e ghanesi di fede cristiana (dei quali si cercano i cadaveri), gettandoli brutalmente in mare da un gommone sul quale erano stipate oltre 100 persone. «Ci siamo tenuti fra di noi». Le sei testimonianze (in più punti concordanti), raccolte dalla Polizia e incluse nelle 7 pagine del provvedimento di fermo, lasciano supporre che – senza la resistenza fisica dei migranti e l’arrivo del mercantile panamense Ellensborg, che ha tratto in salvo i profughi – le vittime dell’«odio religioso» avrebbero potuto essere molte di più: «Dopo circa un giorno di navigazione, a un certo punto alcuni soggetti di religione musulmana hanno iniziato a inveire in francese contro noi cristiani – racconta il teste Yeboah E. – Dicevano che ci avrebbero gettati in mare».Poi «sono passati alle vie di fatto. Ho visto con i miei occhi gettare in mare nove ghanesi e tre nigeriani. Hanno tentato di gettare in mare anche me e gli altri cristiani poi rimasti a bordo e non ci sono riusciti, perché ci siamo difesi con tutte le nostre forze, aggrappandoci al gommone e tenendoci tra di noi. La nostra resistenza è durata circa un’ora e si è conclusa quando è arrivata la nave che ci ha soccorso ». A parte i sei, alloggiati in strutture protette, altri 79 migranti tratti in salvo sono ospitati in diversi luoghi d’accoglienza siciliani. Gli inquirenti pensano a un «incidente probatorio » per cristallizzare le loro deposizioni, prima che decidano di lasciare i centri per dirigersi verso nord. Quattro fermati negano. Ieri nel carcere Pagliarelli di Palermo, davanti al gip Andrea Nicastro e in presenza del pm Renza Cescon, si è svolta una prima parte dell’udienza di convalida dei fermi, che proseguirà oggi. Fino a ieri sera, il gip aveva interrogato cinque persone: una si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma quattro hanno negato di avere aggredito e buttato in mare altri migranti. Oggi sarà interrogato dal gip del Tribunale dei minori anche il 17enne fermato, K. S. T., nato in Costa d’Avorio nel 1998. Si cerca lo scafista.  «Il gommone era governato da un soggetto di colore, del quale sconosco la nazionalità », ha detto un teste. I poliziotti della squadra mobile di Palermo stanno cercando di identificarlo.
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