giovedì 25 giugno 2015
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La soluzione alle traversate del Sahara, ai naufragi nel Mediterraneo, ai traffici dei nuovi schiavisti sta nell’articolo 25. Vale la pena di riportarne il primo comma: «La domanda di protezione internazionale può essere presentata anche nello Stato d’origine del richiedente, previo colloquio presso l’Acnur o altri organismi e ong nazionali e internazionali presenti nello Stato che, a seguito dell’esito positivo di tale colloquio, provvedono a inviare la domanda per via telematica all’ambasciata o al consolato italiano competente per territorio ». Molto più di Mare Nostrum, sono i canali di ingresso legale a salvare vite.  «Dal 1990 sono stati 25.023 i morti accertati – afferma Mario Marazziti – ma è ragionevole stimare che siano stati almeno il doppio ». E allora, alla vigilia dell’odierno Consiglio europeo, il deputato di 'Per l’Italia' presenta un disegno di legge, incardinato ieri in commissione Affari costituzionali, di cui è primo firmatario assieme ai colleghi di partito Fautilli, Santerini, Sberna e della deputata del Pd Zampa. In 45 articoli una proposta di «Disciplina organica del diritto di asilo e di altre forme di protezione internazionale», sostenuto dal Consiglio italiano per i rifugiati (Cir). Domanda di asilo nei paesi di origine, dunque. Poi al richiedente viene rilasciato un visto umanitario di ingresso in Italia di 15 giorni. In caso di indigenza o mancanza di documenti di viaggio, il migrante avrà un lasciapassare e - se impossibilitato a compiere il viaggio - le spese coperte dal Fondo nazionale per la protezione internazionale. Una volta sul suolo italiano, presenterà la domanda di protezione internazionale e la Commissione è tenuta a decidere entro 15 giorni.  Ingressi legali, dunque, e superamento del regolamento di Dublino III, che inchioda i richiedenti asilo al Paese in cui presentano domanda. Mentre di fatto i due terzi si spostano, senza registrarsi, nei paesi lì dove possono contare su reti familiari e amicali: dei 170 mila arrivati nel 2014, ne sono rimasti 78 mila, in attesa o con lo status.  Alla presentazione del ddl il presidente del Cir, Roberto Zaccaria, da costituzionalista ricorda che «l’Italia ha le norme costituzionali sul diritto d’asilo tra le più avanzate in Europa perché stabilisce l’accoglienza per chi non gode dei diritti fondamentali, più che la Convenzione di Ginevra che parla di perseguitati. Peccato però – sottolinea l’ex presidente Rai – che l’attuazione giuridica del principio sia in tono minore. È ora che l’Italia si dia una legge sull’asilo all’altezza della sua Costituzione». Per questo Mario Marazziti auspica che la proposta «sia la base del futuro testo unico che tra un anno, entro luglio 2016, il governo dovrà preparare su delega del Parlamento». Il parlamentare di 'Per l’Italia' ricorda poi che Mare Nostrum «è costato 600 euro per ogni vita umana salvata, l’equivalente di un paio di caffé al giorno per un anno. Ma per salvare vite umane servono canali legali intercettando i flussi all’origine in Niger, Camerum, Marocco, Turchia, creando un database, cioé una banca dati digitale europea, e desk per dare permessi umanitari senza l’obbligo di residenza nel paese per 5 anni e stop al divieto di lavorare». E poi basta con l’'emergenza': «Nei primi sei mesi di quest’anno sono arrivati in 58 mila, come nel primo semestre dell’anno scorso. Un dato strutturale». A proposito di costi. Marazziti cita il Cara di Mineo (Ct) che ospita quasi 4mila persone. I tempi di attesa per la prima intervista della commissione valutatrice arrivano a 18 mesi. In caso di diniego - e di ricorso accolto nel 70% ne passano altri 12 o 18. Un limbo che dura due anni e mezzo in cui non possono lavorare. «Abbattere i tempi aumentando le commissioni da 40 a 200 permetterebbe di dirottare grandi risorse, 35 euro al giorno per richiedente. Che vanno agli italiani che li gestiscono, non a loro». Concorda il direttore del Cir: «Le proposte della Commissione europea – dice Christopher Hein – sono soprattutto di contrasto. Benissimo, ma cosa succederà ai rifugiati in Libia o Egitto? Senza trafficanti torneranno in Siria, Sudan, Eritrea? O li costringeremo a rotte più lunghe, costose, pericolose? La svolta è l’ingresso legale». Un punto su cui il Cir ha lanciato la campagna «Ponti, non muri», finanziata dalla Fondazione Unipol. 
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