venerdì 30 ottobre 2015
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Le vicende sociali conducono sempre più frequentemente a guardare verso la pratica dell’utero in affitto, che si allarga a macchia d’olio ed è ormai legittimata in diversi Stati ed eseguita "clandestinamente" in altri. Si tratta di una pratica disumana che disconosce diritti fondamentali della madre reale e del figlio e che implica forme inaccettabili di sfruttamento e di abuso. La donna che si sottopone alla maternità per conto di terzi è usata come mero strumento di produzione e non come persona, il figlio, inteso come un prodotto acquistato, non saprà mai le sue vere origini, i fornitori dei gameti che potranno essere in tutto o in parte diversi da quelli dei committenti, si sottraggono colpevolmente al principio di responsabilità che impone di rispondere delle conseguenze prevedibili della propria azione: in questo caso la nascita di un figlio che essi volontariamente abbandonano sin dall’inizio (inaccettabile conseguenza che è insita nell’infausta pratica della fecondazione eterologa e che sembra sfuggita alla nostra Corte costituzionale nella sua sentenza in merito del 2014).Per questi motivi si può parlare a ragion veduta di un crimine contro la persona sia nella forma della depersonalizzazione della donna che effettua la gravidanza e partorisce, sia in quella del figlio che non conoscerà mai la madre gestante e non di rado neanche coloro che hanno fornito i gameti nel "commissionarlo". Tutti questi aspetti congiurano nell’avvilire la dignità della persona umana nella madre surrogata, che, mettendo a disposizione il proprio corpo per bisogno finisce per configurare una situazione analoga a quella della prostituzione forzata, nel figlio, nei committenti che abbassano a rapporto commerciale la generazione di una nuova vita. In sostanza si va verso il mercato universale dei corpi e della generazione umana.In Italia l’utero in affitto è vietato dalla legge 40, e al momento rimane uno dei pochissimi suoi paletti rimasti in piedi dopo che magistratura e Corte costituzionale hanno proceduto a rimuoverne numerosi altri. Fino a quando il divieto rimarrà in piedi, se non intervengono chiarimenti fondamentali? In effetti cominciano ad avvertirsi tentativi per scavalcare i divieti. Si pensa di aggirare l’aspetto più appariscente della pratica, ossia lo sfruttamento della donna, riconoscendole un compenso adeguato e non estorcendone il consenso prestato in condizioni di debolezza e di povertà. Ma questo è sufficiente per mettersi la coscienza a posto? Alcuni pensano di sì, poiché appunto si tratta dell’aspetto che colpisce di più l’opinione pubblica, la quale va invece abituata a valutare più attentamente.Il compenso stabilito per la prestazione può forse bastare a tacitare la coscienza di coloro che riducono ogni rapporto umano a rapporto economico. La questione è infinitamente più delicata e riguarda il diritto fondamentale di ogni essere umano di non essere considerato mezzo (la madre per terzi), di non essere inteso come il risultato di un contratto, e di sapere da dove si proviene. In Francia, esponenti di rilievo del Partito socialista hanno condannato senza messi termini l’utero in affitto, ed esponenti del femminismo di sinistra, tra cui Sylviane Agacinski e l’associazione "Collettivo per il rispetto della persona", operano per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. Il 2 febbraio all’Assemblea nazionale si svolgerà un convegno per l’abolizione universale dell’utero in affitto. Per esseri chiari e conseguenti ciò significa perseguire e punire i professionisti (medici, avvocati, intermediari) che lucrano da questo commercio di corpi e di bimbi. Perché non attivarsi e, finalmente, in modo trasversale, anche in Italia? Risulta urgente iniziare un’azione etica e legislativa dinanzi a istanze internazionali di vario ordine perché si arrivi alla fattispecie del crimine contro la persona e al reato universale dell’utero in affitto, così come esistono i crimini contro l’umanità. L’azione mi pare particolarmente significativa nei confronti del Parlamento europeo da tempo investito da una smania di espansione dei diritti di libertà, spesso meramente presunti, degli adulti, e nel contemporaneo misconoscimento dei diritti dei deboli e dei senza voce. È bene, dunque, elevare un appello a giuristi, politici, filosofi, perché sia possibile – e sia possibile presto – configurare presto la fattispecie del crimine contro la persona in ordine all’utero in affitto.
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