giovedì 25 ottobre 2012
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Ci sono passi indietro che sono passi avanti. L’autunno del 2011 l’ha dimostrato sul piano dell’azione di governo. L’autunno del 2012 (mentre la primavera elettorale già incombe) lo sta promettendo sul piano politico. Questo, del resto, è quanto il Paese attende e merita nel lento, amaro e ormai assai avanzato tramonto della cosiddetta Seconda Repubblica e nell’annunciarsi, a tratti confuso e stordente, di una stagione nuova. Una stagione che per essere davvero utile e convincente dovrà saper fare comunque tesoro di tutto il buono che la faticosa e dura transizione guidata da Mario Monti ha portato in dote al Paese. Una stagione che ci conduca definitivamente lontano dalle secche del passato e dagli aspri personalismi e dagli sterili frazionismi che l’hanno contrassegnato. Questo attende e merita l’Italia e, certo, la sua grande "miglior parte": quella che generosamente resiste allo scivolamento autolesionista lungo le chine rovinose del declino economico e sociale, dell’amoralità e dell’illegalità, dell’evasione dai doveri civili, della malapolitica che genera disgusto e incentiva populismi e sentimenti contropolitici e persino antidemocratici.Ci sono passi indietro che sono passi avanti. Ne stiamo vedendo una piccola e abbastanza impressionante serie, quasi da Paese normale. Passi tutti importanti, ma qualcuno più degli altri. E il passo indietro compiuto ieri da Silvio Berlusconi è, in realtà, ancora una volta, il passo avanti che pesa più di tutti. Il fondatore di Forza Italia e del Pdl, con il piglio che gli è proprio, tagliando corto con i mezzi ripensamenti, si è risolto a compierlo per la seconda volta in pochi mesi. Non potrà essercene una terza, perché a questo punto e da questo punto non si può più retrocedere, ma solo procedere.Guai, infatti, se ora si aprisse un ennesimo e teatrale gioco di potere. Occorre che s’inizi un processo reale riguardante, prima di tutto, l’intero campo politico che si usa definire "moderato" e "riformista" (interpellato in modo serio e incalzante anche dalla riflessione e dalle proposte avanzate, all’inizio di questa settimana, dalle realtà del laicato cattolico riunitesi a Todi), ma influente pure nel campo che torna a proporsi – diciotto anni dopo la «gioiosa macchina da guerra» occhettiana – come "progressista" (e che potrebbe vedere sconvolto il suo attuale assetto di sinistra-sinistra dalle primarie che hanno al centro il duello tra il navigato Pierluigi Bersani e lo stilnovista Matteo Renzi).Gli esiti delle vorticose settimane che ci attendono non sono facili da prevedere – e le caute dichiarazioni rese a caldo dal leader centrista Pier Ferdinando Casini lo confermano – ma s’intravvedono prospettive che confortano la speranza di un’evoluzione sensata del bipolarismo italiano sempre più evidentemente scosso dalla "cura Monti" e dall’esempio personale dell’attuale premier. Purché i partiti oggi presenti in Parlamento sappiano convincere i cittadini-elettori che le porte e i canali di comunicazione tra il Paese reale e i palazzi che lo rappresentano e governano stanno tornando sgombri e puliti e che la consapevolezza del primo posto sempre spettante all’interesse generale – quella coscienza che ha portato a dar vita alla strana maggioranza che accompagna (e condiziona) il "governo dei tecnici" – continuerà a valere in un tempo di crisi che è e resterà eccezionalmente esigente e difficile. Con i mediocri interessi di fazione e di camarilla, con i particolari conflitti d’interesse e gli interessi particolari in conflitto, si deve dimostrare di averla fatta finita. La sana dialettica politica è un’altra cosa.Un’annotazione è, infine, necessaria. Per contribuire ad archiviare logiche e metodi per i quali non serberemo nostalgia, occorrono nuove e decenti regole del voto che finalmente restituiscano a ogni cittadino-elettore il diritto di scegliere il proprio parlamentare. È inspiegabile, e quasi oltraggiosa, certa calcolata esitazione a vararle che inclina all’ostruzionismo. Esse sono l’indispensabile ulteriore passo avanti (stavolta collettivo) su una strada di ricostruzione e rinnovamento dell’offerta politica e di riconciliazione di tanti italiani con l’idea stessa di politica. Chi non se ne rende conto, ha capito poco di ciò che sta ribollendo nel cuore e nella testa degli italiani.
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