lunedì 9 giugno 2014
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​Tutti devono giocare. Campioni o brocchi, tutti. Insieme. Mettendo in campo ciascuno tutto quello che può, senza risparmiarsi. Papa Francesco l’ha ripetuto ieri al Centro sportivo italiano, andato a far festa, giocando, proprio a casa sua, in Piazza San Pietro. E ancora una volta Bergoglio va preso alla lettera ma anche metaforicamente. Alla lettera: dovrebbe essere normale (e nel Csi è una regola), con bambini e ragazzi, dare spazio a tutti e non lasciare nessuno a far la muffa in panchina. Eppure in troppi casi allenatori e genitori sciagurati sono attraversati dal demone della vittoria ad ogni costo, e così rovinano la vita ai ragazzi, oltre che a se stessi. Lo scopo è cercare sì la vittoria, ma innanzitutto divertirsi, collaborare, dare tutto se stessi per i compagni, dimostrarsi generosi. Il Papa lo sa bene e per questo, ieri, ha ribadito: «Mi raccomando: che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ciascuno ha, anzi privilegiando i più svantaggiati», coloro che hanno più bisogno di far crescere la propria fragile autostima.Ma poiché lo sport è una grande metafora della vita, lo stesso Papa poco prima ricordava: «Mettetevi in gioco». Tutti devono "giocare" anche e soprattutto nella vita. Tutti devono avere la possibilità di costruirsi una famiglia e avere figli; di studiare e lavorare, senza ammuffire sulla panchina della disoccupazione; di partecipare alla vita pubblica. Mettersi in gioco: perché c’è chi viene escluso, ma anche chi si esclude da sé.Lo sport, ricorda poi Francesco, è «esperienza educativa». Potrebbe sembrare un’ovvietà, se detta al Csi. Ma proprio alla vigilia del Mondiale di calcio, che comincia giovedì, chi ha la vista lunga e profonda potrebbe aggiungere: tutto lo sport è educazione, tutto. Anche quello dei professionisti strapagati. Anzi, soprattutto quello. Lo stesso Francesco lo ricordava alcuni mesi fa ai calciatori di Italia e Argentina alla vigilia di una partita amichevole: proprio chi sta sotto i riflettori, ed è ammirato, perfino amato, dà sempre e comunque un esempio. Positivo o negativo. Educa o diseduca, gli piaccia o no. Anche quando è la vittoria l’obiettivo principale da perseguire? Sì, perché ci sono molti modi di perseguirla, non tutti nobili. Ci sono diversi modi di festeggiare un gol fatto e di reagire a un gol subito. Molti modi di manifestare gioia per la vittoria e di mostrarsi comunque fieri di aver profuso ogni energia dopo la sconfitta. Non solo i bambini e i ragazzi, ma anche gli adulti vi guardano, cari (e costosi) campioni. Non deludeteci.
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