giovedì 5 gennaio 2012
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C’è un Paese intero che attende le prossime mosse del governo. È un’Italia dove tanti non si consegnano allo smarrimento e alla logica del declino, ma dove si infittiscono i disagi e cre­sce l’allarme per lo scoramento, persino mortale, di imprenditori, disoccupati e pensionati strema­ti dalla crisi. È un’Italia che conta su segnali e scel­te chiare di Mario Monti e dei suoi ministri. Vi­viamo un momento di svolta, in cui crescono il bi­sogno di certezze e la richiesta di un’equità pal­pabile, che non è stata del tutto garantita nella in­dispensabile manovra 'salva Italia' di dicembre. Il capo del governo dei tecnici ci ha strappato (per ora) dalle sabbie mobili create dai giochi senza frontiere (e purtroppo senza regole) in corso sui mercati finanziari. Lo ha fatto con una determi­nazione apprezzabile. E ora c’è da cambiare pas­so. Anche su queste colonne si è invocata a più ri­prese una "fase due", un decisivo secondo tempo – tutto orientato alla crescita – nella partita per ri­mettere in carreggiata il nostro Paese. Ma forse bisogna cominciare a dire che non si può immaginare altro che una "fase unica" nel­­l’attività di questo governo: restiamo, infatti, in piena emergenza finanziaria, determinata dalla mole di un debito pubblico lasciato crescere in modo colpevole e ormai insopportabile. E, al di là delle rassicurazioni di prassi, non si può affat­to escludere che i prossimi mesi possano riser­varci altre dosi di sacrifici. Perciò la fase di e­mergenza è "unica". Perciò il "coraggio" mo­strato sinora dal governo verso lavoratori di­pendenti, pensionati e risparmiatori va messo in campo assolutamente con tutti. È vero infatti che molto – e come mai prima – è stato chiesto con l’ultima manovra ai redditi più alti, ma è anche vero che parliamo sempre dei red­diti alla luce del sole: quelli esposti senza giochetti, tracciati, tracciabili, comunque già tassati. Serve una dimostrazione – emblematica e, al tempo stes­so, concreta – della volontà e della capacità di far partecipare proprio ogni cittadino allo sforzo, se­condo possibilità e giustizia. La palude in cui ci tro­viamo è stata creata, in primo luogo, dai nostri stessi errori: quelli compiuti in anni in cui nel Bel­paese – nonostante continue battaglie retoriche sui diversi temi – hanno proliferato conflitti di in­teresse, rendite parassitarie, privilegi ingiustifica­ti, sprechi, elusioni ed evasioni assortite. Il gioco – il futuro nostro e dei nostri figli – vale la candela. Ma alla condizione che abbiamo appe­na accennato e che il premier Monti ha certa­mente ben chiara. Questo vuol dire che più am­pio sarà il campo delle riforme di sistema porta­te a termine, più si lavorerà assieme con convin­zione e più si rafforzerà nell’opinione pubblica l’a­desione positiva a quest’opera di ricostruzione. È così che si possono rendere ben percepibili i be­nefici generali della fatica comune, e si può far ca­pire quanto essi prevalgano sugli interessi parti­colari compromessi da questa o quella norma, da questo o quel cambiamento. Nessuno è, e può sentirsi, escluso: magistrati e tassisti, avvocati e grandi imprese, super burocrati e aziende muni­cipalizzate, farmacisti e sindacalisti, evasori fi­scali e politici… Fa bene il premier ad aver riannodato i fili di un inclusivo dialogo con le parti sociali e fa altret­tanto bene a evitare una politica di annunci e bal­lon d’essai . Eppure, a proposito di evasione, ci pia­cerebbe sentire presto una parola definitiva sul­l’ipotesi di concordato fiscale per chi "tiene i sol­di" in Svizzera e sul conseguente e stabile regime di tassazione di quei capitali, una sacrosanta ri­voluzione all’insegna dell’equità non a caso già avviata con tempestività e successo da altri gran­di Paesi europei come Germania e Gran Bretagna. Sarà anche un modo per dare un segnale di giu­stizia a chi evade perché s’è magari rassegnato al­l’idea che sia solo quella la strada per far soprav­vivere la propria attività e per non distruggere po­sti di lavoro. All’Italia e agli italiani servono davvero messaggi interi e forti, come questo.E qui proviamo a sug­gerirne un altro paio: si attui e si anticipi al 2012 quel "patto con i cittadini" (previsto sulla carta dalla manovra di Ferragosto, e solo a partire dal 2015) per cui ogni euro recuperato dalla lotta con­tro gli evasori fiscali è destinato alla riduzione im­mediata delle tasse. E si incida con rapidità, se­condo l’intento già formalizzato dal presidente del Consiglio, sul bubbone della spesa pubblica (quella corrente, non la spesa per investimenti), che da 15 anni cresce più del Pil nazionale e che certo non è (non era…) alimentata solo dalle pen­sioni, ma da un’irrazionale pletora di impegni mal programmati e peggio – si fa per dire – onorati. Dire e dare queste cose al Paese è possibile, e que­sto è il tempo per farlo.
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