giovedì 15 gennaio 2015
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Formidabili questi anni, presidente Napolitano. Davvero formidabili. Anni duri già in principio, in quel 2006 della vittoria d’un nulla del "suo" centrosinistra (lei, da senatore a vita, era libero dalla furia della mischia, non dalle laiche passioni di una vita) sul centrodestra di Silvio Berlusconi che propiziò in un clima di contrapposizione frontale la sua ascesa al Quirinale. Anni diventati durissimi, strada facendo. Con una crisi della politica che ha portato alla consecutiva dissoluzione di due coalizioni di governo di opposto segno e al solidificarsi di un impetuoso movimento anti-palazzo alimentato anche da sempre più insopportabili sconcezze di piccola e grande corruzione. Con una crisi dell’economia che ha sottolineato gli errori di una classe dirigente incapace di comprenderla e governarla e il cinismo predatorio dei sinedri della finanza irresponsabile. Con una crisi dell’ideale europeo – tra l’impalpabilità politica dell’Unione e la pesantezza di una siderale burocrazia e di un cieco rigorismo contabile – che incrina e al tempo stesso rilancia l’idea grande e bella di una comunità di popoli, cioè del più concreto e pacifico "laboratorio di integrazione delle differenze" che il nostro tempo conosca.Formidabili questi anni, Presidente. Formidabili gli eventi, le sfide, i rischi. Formidabili i compiti. A cominciare, sul piano globale, dalla risposta alla guerra del terrore e dell’odioso sospetto scatenata dai jihadisti. A cominciare, qui in casa nostra, dalla riforma di un sistema segnato dalle riforme incompiute, imperfette, impossibili. Lei ce lo ha detto e ricordato sino all’ultimo. Abitando il cuore della vicenda repubblicana, riuscendo spesso a interpretare la fatica civile e umana degli italiani. Grazie per esser stato lì, in questi anni: a tener fermo, a tener testa, a tenere a bada, a tener la rotta, a tenere alta l’idea delle istituzioni e dei doveri nel Paese in cui trovano facile audience, ampia rappresentazione mediatica e demagogici portavoce soprattutto le cento forme malavitose e i mille sconforti qualunquisti dell’antiStato e le infinite retoriche dei "diritti". Per nove anni – sette più due di straordinario, supplementare servizio – lei è stato riferimento certo e coriaceo, razionale e calibrato eppure, a volte, fremente e impulsivo, quasi a smentire (con il sorriso tranquillo o la potente commozione dei vecchi) certe leggende sulla sua indole fiorite nella sua lunga milizia nel Pci, prima, e nel cantiere della nuova sinistra italiana, poi. Grazie, Presidente: per la pulizia e la generosità. Grazie per l’attenzione agli ultimi tra gli ultimi nell’Italia di oggi: i giovani, i carcerati e tutti quei lavoratori – vecchi e nuovi italiani – che ancora restano ai margini del sistema o nelle non poche zone grigie esistenti, rischiando e perdendo la vita per un po’ di salario. Battaglie ancora da vincere, che lei mai ha mollato, che lascia in impegnativa eredità.Grazie, presidente Napolitano. Glielo ripetiamo qui, oggi, da queste pagine sulle quali, per nove anni, lei ha letto motivati consensi al suo operato e anche puntuali e schiette critiche. Il pieno rispetto, anche nel dissenso più netto, è un altro degli esempi che lei ha dato. Non l’ultimo, per noi. E per tanti, tanti italiani.
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