domenica 18 marzo 2012
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Il drammatico ritorno dei barconi carichi di migranti e di morte nel Canale di Sicilia coincide con l’anniversario del primo attacco aereo autorizzato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu contro il regime del colonnello Gheddafi. Il rais, che usava i migranti come bombe umane contro l’Europa, venne ucciso a ottobre e con lui finirono guerra civile e sbarchi. Le oltre 300 persone – uomini, donne e bambini – intercettate e salvate dalla Guardia costiera negli ultimi tre giorni nel braccio di mare che l’anno scorso fu il cimitero di almeno 1.500 esseri umani, non sono una coincidenza né una sorpresa. Finora Europa e Italia si sono interessate alla “nuova Libia” anzitutto in funzione del petrolio.In secondo piano, ma sempre guardando alle ricadute in materia energetica, tengono sotto stretta osservazione la nuova geografia politica che va delineandosi in vista delle elezioni del prossimo giugno, con la crescente tensione tra la Cirenaica, ricca di giacimenti di idrocarburi, che vuole maggiore autonomia e la Tripolitania, che vive dei proventi del petrolio. È stata colpevolmente trascurata, invece, la questione dei profughi e dei migranti che, a distanza di 12 mesi, con la nuova primavera, è sul punto di riesplodere sull’altra sponda del Mare nostrum, con drammatiche conseguenze in termini di vite umane.Il quadro è allarmante. Alle migliaia di persone, soprattutto eritrei e darfurini, fuggite dalla guerra e tuttora bloccate nei campi profughi Onu sui confini con Egitto e Tunisia, vanno infatti aggiunti gli altri migranti subsahariani che dalla fine del conflitto hanno raggiunto la Libia o premono sulle frontiere meridionali nel Sahara. Le quali, confermano l’Alto commissariato Onu per i rifugiati e l’attento blog “Fortress Europe”, sono un colabrodo che i profughi somali e sudanesi attraversano con facilità. Senza contare che la lucrosa filiera della tratta – a lungo monopolizzata dagli ufficiali del vecchio regime e saltata lo scorso autunno – si sta ricostituendo in fretta saldandosi con le reti dei trafficanti del Sahara. Si sono insomma ricreate tutte le condizioni perché gli sbarchi e lo sporco “indotto” che movimentano riprendano.Stavolta sono soprattutto i somali a voler tentare a ogni costo la traversata del Mediterraneo e l’approdo in Europa per chiedere protezione. Fuggono da guerre, persecuzioni e carestia, l’asilo nel Vecchio Continente difficilmente può venire loro negato. Non esitano neppure davanti ai rischi di una traversata in mare assiepati su natanti di fortuna. Così, se ai cinque morti di ieri aggiungiamo gli oltre 50 somali periti a gennaio in acque libiche per il naufragio di un barcone, la contabilità del primo trimestre 2012 nel Mediterraneo diventa già pesantissimo. E fonti di agenzie umanitarie parlano di centinaia di potenziali rifugiati somali in Libia pronti a replicare gli sbarchi del 2011 sulle nostre coste. Per contro, l’Italia, che nel 2011 si è dimostrata all’altezza della situazione nei salvataggi in mare, è invece in affanno sul versante dell’accoglienza dato che non ha ancora finito di affrontare la coda degli sbarchi della primavera araba.A Lampedusa, definita porto non sicuro, non è stato riattivato il centro di accoglienza incendiato, quindi eventuali arrivi in massa potrebbero mettere l’isola in ginocchio. E i ritardi accumulati nel disbrigo delle pratiche dei richiedenti asilo stanno creando situazioni difficili nei centri sparsi sul territorio italiano. Ma soprattutto, un anno dopo la guerra, è l’Unione Europea a non aver assunto una politica migratoria comune, come dimostra l’atteggiamento dei maltesi, sempre pronti a scaricare gli oneri del soccorso sulla nostra Marina e sulle nostre coste.I trafficanti di uomini hanno colpe chiare e gravissime, ma finché i 27 non troveranno un accordo su come affrontare la questione umanitaria sulle sponde libiche senza violare il diritto internazionale – come ha ricordato la recente condanna dell’Italia davanti alla Corte europea dei dirtti umani per i respingimenti dei migranti in mare nel 2009 – nelle acque del “mare di mezzo” non si fermerà la catena di morte.
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