martedì 7 febbraio 2012
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​A chi tocca? E con che mezzi e poteri? L’ennesima emergenza made in Italy scatena, ancora una volta, il botta e risposta sulla responsabilità della prevenzione e dei soccorsi. È colpa della Protezione civile che è diventata solo una «passacarte», tuona il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. No, replica in modo fermo il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, toccava al Comune che secondo la legge è il primo responsabile delle emergenze. Sullo sfondo la concreta sensazione che un fiore all’occhiello del nostro Paese, ammirato e copiato nel mondo, sia sfiorito, depotenziato e burocratizzato. Lo stesso Gabrielli aveva dato l’allarme da tempo. «Saremo la migliore ex Protezione civile del mondo», aveva avvertito poco meno di un anno fa. L’occasione era l’approvazione (nel decreto "milleproroghe") dell’ennesima riforma della Protezione civile.Poche ma importantissime norme che di fatto rallentano il potere di ordinanza. «Queste riforme, così come sono, ci affonderanno come il Titanic», si era sfogato Gabrielli. Da allora è infatti necessario il concerto con il ministero dell’Economia e il visto della Corte dei Conti. Per terremoti, alluvioni, frane e quant’altro. Così può accadere che l’ordinanza arrivi, ed è successo, anche sei mesi dopo l’evento. Alla faccia dell’emergenza e dell’urgenza. Inoltre, altra novità, i fondi li devono mettere le Regioni (anche aumentando le accise sui carburanti) e solo in alcuni casi la Protezione civile nazionale, il cui Fondo, però, è azzerato da anni.Effetto "cricca", sicuramente. Le inchieste che hanno coinvolto Guido Bertolaso, gli affari del G8, gli appalti per i "grandi eventi" hanno messo in seconda fila la struttura che prima tutti osannavano. Da protagonista a comprimaria. Meno visibile, certo. Basti vedere la vicenda della Costa Concordia per la quale Gabrielli è stato nominano commissario, ma solo per le vicende ambientali (non per i soccorsi) e solo molti giorni dopo il disastro. Ma meno visibile vuol dire anche meno efficiente?Facciamo un passo indietro. Alle norme che regolano le emergenze. La legge "madre", la 225 del 1992 che ha istituito il Servizio nazionale di Protezione civile, classifica gli eventi in tipo "a", "b" e "c". Nel primo caso il sindaco ha il compito di provvedere ad assicurare i primi soccorsi alla popolazione, coordinando le strutture operative locali, tra cui i gruppi comunali di volontariato di protezione civile. Solo se non riesce a fronteggiare l’emergenza può chiedere l’intervento di Provincia, Prefettura e Regione (evento "b"). E solo nelle situazioni più gravi, su richiesta della giunta regionale, subentra il livello nazionale, con la dichiarazione dello stato di emergenza (evento "c"). Nel passato ci si è abituati male e sono così fioccate a sproposito le richieste di stato di emergenza. «Me lo chiedono tutti», ci aveva detto più volte Bertolaso. Che così volava da una frana a una discarica, da un’eruzione a un inquinamento. Occupandosi poi di campionati del Mondo di tutti gli sport e di manifestazioni. In nome di non si sapeva bene quale reale e grave emergenza. Che, però, veniva sempre sbandierata.Sindaci e presidenti di Regione incapaci o solo "scaricabarile"? Comunque comodo (e per qualcuno anche un ricco affare). Tanto se ne occupava Bertolaso... Ora non è più così. Ed è il momento che ognuno si assuma davvero le sue responsabilità, a livello locale e regionale. Quelle previste dalla legge. Con vera prevenzione ed efficiente organizzazione. Ma è necessario anche ridare agilità e velocità alla Protezione civile nazionale che, lo ricordiamo, è il coordinamento di un felice mix di strutture pubbliche e volontariato. Questo, per fortuna, c’è sempre, dai Vigili del fuoco alle Misericordie, dalle Forze armate ai volontari della Croce rossa. L’esercito dell’emergenza c’è, e quando è chiamato arriva sempre e opera con cuore e efficienza. Non servono nuove strutture e probabilmente neanche spostamenti di "palazzo" (c’è chi vorrebbe un ritorno al Viminale), ma solo una messa a punto delle "armi" a disposizione e delle modalità di intervento. Con reali poteri, rapidità di intervento, procedure di verifica quasi istantanee. Per le vere emergenze che, purtroppo, nel nostro Paese non mancano mai. 
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